sabato 13 ottobre 2012

Testa di Ca...mpione

Non sono tanti i grandi campioni dello sport, ma di contro non sono pochi quelli che a un certo punto saltano fuori con un auting di qualche tipo o che vengono colti in flagranza di qualcosa. Se va da sè che una certa percentuale di disagio resti nell'ombra senza mai dichiararsi al grande pubblico, ne consegue che la tara mentale del sociopatico sia quasi il simbolo di appartenza a certi club super esclusivi.

Sta per uscire l'inutile (visto che ha già detto tutto in anteprima) biografia di Thorpe e si riaccende il tema del disagio esistenziale dei grandi campioni. Intorno a questo fenomeno non vedo nessun mistero e ho talmente poco rispetto di psicologi e psico-trainer che la verità ve la dico subito: lo sport non fa male alla testa, la fama nemmeno e così anche le pressioni a cui questi fenomeni si sottopongono durante la carriera. Essere disadattati è forse una condizione fondamentale per poter diventare dei grandi campioni nel mondo di oggi. Ian voleva uccidersi e per caso non lo ha fatto, beveva molto, viveva in un limbo incomprensibile, come tutte le star, e il momento sbagliato poteva capitare davvero. Se non fosse stato nessuno, lui come altri, forse si sarebbe fatto fuori sul serio.

Voglio scacciare quell'istinto diffuso di compassione piagnucolante nei confronti di chi è stato dio vivente. Lo scrivo ancora, tanto per essere più chiaro: "dio vivente". Non lo dico per cattiveria ma per incondizionato rispetto nei confronti di queste persone e dello sport.
Solo un deficente potrebbe pensare che esistano delle vite dai tratti solo rosei. L'attraversare un periodo a sbevazzare un po' di più e a pensare che forse sia meglio farla finita capita quasi a tutti nel corso della vita. Spesso durante l'adolescenza, che una volta superata, si lascia guardare a ritroso con estrema dolcezza anche nelle sue fasi più nere.
Distinguiamo queste anime piangenti a seconda di come comunicano durante i loro periodi di crisi: ci sono quelli che non ci pensano minimamente sopra, tanta è la sfiga che sbadilano fin dalla nascita, ci sono quelli che cercano aiuto e ci sono quelli che vorrebbero chiedere aiuto ma sono imprigionati nella propria inviolabile prigione mentale dorata. Tra questi ultimi spesso ci sono atleti più forti.

I sofferenti della prima specie, quelli che la sfiga li domina totalmente e vivono ogni crisi in modo totalmente passivo non saranno mai dei grandissimi, c'è poco da fare e anche poco da discutere. Potrebbero avere dei talenti enormi ma non riuscirebbero mai ad usarli al massimo.
I sofferenti della seconda specie, avendo la "forza" (della paura?) di chiedere aiuto si espongono al rischio altissimo della contaminazione e dell'imbastardimento dei propri scopi, dei propri ideali e delle proprie motivazioni. L'equilibrio delicatissimo ed esplosivo che governa il caos adolescenziale di un atleta di alto livello è praticamente spacciato. Un vero "elite" non chiede mai aiuto su certe cose, non viene mai allo scoperto, l'istinto lo protegge da certi errori, può capitare che chieda aiuto su qualcosa di non troppa importanza per lui, ma non farebbe vedere mai a nessuno i suoi punti deboli. Chi ti aiuta ti cambia... ci va un forte istinto per resistere a tutte queste mani che si tendono.
I sofferenti della terza specie, infatti, vincono da soli o soccombono. Certi pregi e difetti hanno la stessa natura, sono la stessa cosa ma si applicano a situazioni differenti. Quello che rappresenta forza, solidità e determinazione di un atleta emerge anche quando deve proteggere i propri segreti, i propri imbarazzi e soprattutto quello che da lui viene visto come una debolezza. Sarebbe più facile violare i forzieri della banca d'Italia.
L'atleta di solito non ha impara che vincere o perdere hanno senso solo in gara e che la vita ha un regolamento un po' meno chiaro e definitivo... Un Ian Thorpe che pensa al suicidio è lo stesso che pensa a vincere in vasca, ed è lo stesso che si riduce a sentirsi una foca ammaestrata pur di non mostrarsi perdente. Lo stesso Phelps diceva di vincere perchè non sopportava la sconfitta. Chi può dire se l'ostinazione cieca dello sportivo non sia un grande difetto in un uomo normale e se i peggiori difetti dell'uomo non diventino pregi quando sono al servizio di uno scopo estremo come quello di diventare il più forte di ogni tempo? La nostra cultura tende a cancellare ogni estremismo e a de-radicalizzare gli atteggiamenti, lo sport è necessariamente altrove!Nello sport avviene il contrario di quanto viviamo e insegnamo nella cosiddetta società civile, come si fa a non essere dei disadattati?

Nell'atleta si sommano alcune condizioni normali ad altre eccezionali e questo genera un po' di confusione. Loro stessi non ci capiscono un granchè e quando poi si sentono abbastanza al sicuro, tanto da poterlo raccontare al mondo intero, esibiscono i loro travagli infantili come fossero gli stessi trofei per i quali sono stati adorati. Non caschiamoci, e non ci caschino loro per primi. Quando al re fa male il culo, non gli fa più male che al contadino...
Un altro campione della 'autobiografia piangente è stato il tennista Agassi. Sembra assurdo che un atleta tanto enorme si sia sentito in dovere di raccontarci le sue sofferenze, scusate il cinismo, quasi stesse parlando di un bimbo afgano che ha perduto le gambe su una mina: il papà lo costringeva a giocare e lui non voleva, lui odiava il tennis... poverino, a giocare lo costringeva il cattivo papà, quel cattivone. Gli ha proprio rovinato l'esistenza quel bastardo!

Dico da sempre: stiamo vicino agli atleti perchè sono persone meno autosufficienti e più immature dei loro coetanei. Va di moda pensare l'incontrario ma è un falso clamoroso. Si sono astratti per molti anni e hanno affidato tante scelte e tanta vita in mano ad altri. Non lo sottovalutiamo. A parte la loro immensità, sono poveri cristi come tutti noi.

9 commenti:

  1. Verissimo, bravo, condivido, proteggiamoli. Complimenti per il blog, non ho ancora letto tutto pero!
    Luisa - Verona

    RispondiElimina
  2. Io ci sono!
    Solo un po' annoiato dal nightclubbing e dai fighetti in giro...
    Vuoi mettere l'eccitazione della latitanza durante la lotta armata! :P :-)

    RispondiElimina
  3. Ciao amici, sono sepolto vivo dagli impegni della vita terrestre, che per me arrivano a ondate e senza tanto preavviso. Tengo fede agli impegni presi e faccio passi avanti nella strada che porterà a una credibile proposta alternativa per il nuoto italiano (che mai come in questo periodo mi disgusta...) I miei buoni propositi di impegno nel mondo dello sport disabile hanno invece subito cozzato con una realtà da gestire a bombe atomiche, ne parlerò più avanti, è tutto da fare da zero, il solito scandalo all'italiana davanti agli occhi di tutti e all'interesse di "nessuno", sto iniziando a incazzarmi.

    A presto

    Ortobene

    RispondiElimina
  4. http://www.repubblica.it/rubriche/temposcaduto/2012/11/01/news/coni-45686378/
    no hope

    ciao

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, esattamente quello che abbiamo detto tante volte: si costituiscono come enti di promozione e poi campano da comitati d'affari.

      Elimina
  5. Sto leggendo qualche tuo articolo e mi accorgo di quanto tu voglia innalzarti al ruolo di Giusto che interviene a reindirizzare le masse, distruggendo gli idoli senza averne alcuna cognizione e senza aver dalla tua alcun solido fondamento! Ti soffermi ad un tale livello di superficialità che fai spavento. Non sono argomentazioni le tue. E i commentini dei tuoi soliti amici che si danno tante arie da intellettuali ma son campati in aria quanto te...bah! Ma tu sai qualcosa di nuoto? E di vita?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Anonimo delle 9,15, grazie per aver approfondito, belle le tue argomentazioni. Se ci lasci un numero di fax ti anticipo le bozze...
      Potete scrivere, è vero, ma non siete obbligati, e nemmeno a leggere!
      E di vita? Mi attengo alle sacre scritture e attendo il giorno in cui un cammello passerà per il culo di un fesso.

      Elimina

Chiunque può scrivere qualunque cosa, meglio di così?