domenica 30 settembre 2012

Integrazione Sostenibile (premessa)

Abbiamo ammirato le prestazioni al limite dell'incredibile degli atleti disabili alle olimpiadi, e ora, come largamente preventivato, cala lentamente il sipario. Non sulle olimpiadi, come per tutti, ma sui disabili stessi, tanto per cambiare. Le olimpiadi sono una fantastica occasione per far apprezzare un diverso sguardo sullo sport e sulla vita. C'è ancora tanto spazio per tanto relativismo nella nostra esistenza: ...e se a magnini togliessimo la vista, oppure una mano una gamba e un piede, che tempo farebbe sui cento? Sarebbe contento lo stesso? Avrebbe il coraggio e la voglia di lottare ancora? 
Abbiamo visto persone comunemente ritenute sfortunate dare lezioni di sport, dignità e allegria e abbiamo visto quelli che si fanno chiamare "l'elite" dare il peggior spettacolo umano da molto tempo a questa parte. Disabili battono elite 100 a zero, tutti daccordo e non si discute. 

Ma ora torniamo alla realtà, quella non mediatica e poco patinata della vita di tutti giorni dove i disabili sono gli emarginati, e gli altri una vera elite. In un mondo fatto di regole e interessi immuni a qualunque critica, non c'è tempo per dar rettta a chi resta indietro. Nella realtà quotidiana i disabili si cimentano nelle stesse difficoltà di un olimpiade, con pari e superiori coraggio e dignità, ma senza nessun podio, nessun premio e nessun tipo di attenzione. In ogni settore i disabili non solo non sono cercati, ma sono anche evitati: scuola, asilo, lavoro, locali pubblici, tempo libero... il mondo è off limit.

La disabilità è un tipo di "diversità" che stenta a diventare di moda. Per altri "diversi" all'interno della nostra società è molto più facile: credo religioso, colore della pelle, orientamento sessuale... sono tutte diversità che rispetto alla disabilità hanno caratteristiche talmente tenui da poter essere opinabili. Se si parla di religioni si può convenire che in fondo ci sia un solo dio e poi molte sono pure imparentate tra loro, il colore della pelle è una cosa che con un po' abitudine si vede appena e sull'orientamento sessuale sta ormai stravincendo la linea di pensiero che non esista una vera normalità e che la famiglia sia un discutibile retaggio culturale. Persino i cani (nulla in contrario se non me li servite nel piatto) sono ricercati e ben accolti... che bella pubblicità che si fanno i bar che espongono il famoso "noi qui possiamo entrare"... 

E' tutto un inseguirsi interessato di tendenze dove la disabilità invece non ha vita tanto facile, è poco trendy, non fa figo e richiede un po' più di attenzione: se una gamba manca, la gamba manca e basta. L'amputato non è moderno come un gay, tenero come labrador, curioso come un malese o interessante come un buddista tibetano, è solo tremendamente privo di un arto! Chi non è abituato non sa come comportarsi, teme gaffe di ogni tipo ed è in perenne imbarazzo, (ben inteso che quello dell'amputato è solo un esempio) le riviste non ne parlano e la tv non ha dato istruzioni.

Il disabile, in realtà, è una persona normale che ha un mare di problemi e spesso, non a causa della sua condizione, solo quelli. Il lato brutto nella "sfiga", infatti, è che la maggior parte di questi problemi sono inventati e amplificati dalla società in cui vive, che colpevolmente li ignora e li trascura. Altri guai, ugualmente superflui, nascono poi anche dalla passività con cui il disabile e la sua famiglia, in un contesto sociale tanto ostile e impreparato, accolgono questa condizione. 

Non voglio scrivere il milionesimo inutile articolo di protesta, ma analizzare il caso secondo le mie capacità e individuare delle azioni che concretamente posso svolgere o promuovere, in prima persona, nell'ambito di nuoto agonistico e disabilità. Non voglio far passare un altro quadriennio per muovere dall'ammirazione all'impegno. Io mi sento già sufficientemente sensibilizzato. Devo capire cosa posso fare di concreto sul mio territorio e magari parlarne un po' con voi...
Questa è solo l'introduzione, a presto per i contenuti.






giovedì 27 settembre 2012

Uno strano video di nuoto

E poi non venite a dirmi che non ve lo avevo detto...

Questo video rappresenta la miglior metafora possibile dell'evoluzione tecnica del nuotatore. Così come un giovane atleta inizia il suo percorso mouovendo ogni parte del corpo in antagonismo rispetto alle altre mentre tutto il corpo unito fa la lotta contro l'acqua, questi 32 metronomi meccanici iniziano il loro lavoro in modo totalmente scordinato. Poggiando su un piano semovente, sospeso da quattro fili che lo sorreggono agli angoli, trasmettono il loro impulso l'uno agli altri, anche attraverso il piano che restituisce loro delle vibrazioni sempre più armonizzate, fino a che tutti i 32 metronomi non arrivano ad una perfetta coordinazione tra loro e l'elemento sul quale poggiano.


Imparare a condizionare l'acqua e a farsi condizionare da essa mentre il corpo lavora all'unisono per un unico obiettivo: mica un lavoro da poco! E' meglio iniziare con il potenziamento o con la tecnica? Cosa succede se aggiungiamo potenza ad un meccanismo ancora non ben coordinato, riuscirà a trovare gli equilibri più facilmente o forse non li troverà mai più?
E allora, mi dite come mai i nostri esordienti van così forte, i categoria van come i razzi e poi gli assoluti non vanno più?

Sport e Denari 1.0

Il tema è vecchio come il cucco e tutti ci si buttano a pesce per moralizzare, de-moralizzare, difendere la pagnotta o guadagnarsela. Io faccio parte di quelli che pensano che i soldi siano superflui all'essenza dello sport, quindi se ne potrebbe fare a meno, ma siano resi necessari dalla dispendiosità delle sovrastrutture inutili che la nostra società crea in ogni campo, e così anche nello sport. 
In sintesi, i soldi non servono per far sport ma per far campare tutto ciò che si è costruito intorno allo sport. 
E' banale, ma spesso le cose più banali sfuggono di mente e succede che talvota siano i fondamentali, in quanto banali, ad essere persi di vista. Questa mia, più che una visione, che potrebbe essere etichettata come romantica o irrealizzabile, è una vera e propria analisi. A me pare opportuno considerare la possibilità della creazione della figura dell'atleta professionista anche nel nuoto, per il semplice motivo che in altri stati i nuotatori possono essere professionisti e che anche in italia esistono sportivi professionisti di altri sport. 
A tutto questo si obietta sempre che nel nuoto non ci siano i soldi perchè si possano avere dei professionisti come ad esempio nel calcio e che bla, bla bla bla...
Io invece, in proposito, ho sempre in mente almeno tre cose: 

- la prima che intorno ai nuotatori ci sono sempre più professionisti che campano dell'attività del nuotatore dilettante e questo mi suona già vagamente distorto, 
- la seconda è che il professionismo nel nuoto esiste e spesso lo abbiamo mascherato da servizio militare all'interno di un gruppo sportivo, 
- la terza è che un professionista non debba essere per forza multimilionario.

Voglio spiegare meglio questi tre argomenti:

Il nuotatore dilettante povero circondato da facoltosi professionisti
All'inizio di tutto abbiamo un impianto (la piscina), ci sono una proprietà e una o più società di gestione che rivendono o gestiscono in proprio i cosiddetti spazi acqua. In acqua ci fanno corsi con o senza galleggianti, bici d'acqua, assaggio di tartufi e vini... e poi ci sono anche i nuotatori a dare un senso al tutto. Una dignità, dal mio punto di vista. Tutti pagano, manco a dirlo, nuotatori compresi, ma pagano soprattutto gli agonisti che di solito smenano tutto l'annuale in un'unica soluzione mentre la signora dell'acqua gym paga mese per mese (lascio ad altro intervento il bilancio tra le varie attività in vasca e le conclusioni su chi aiuta chi a sopravvivere). 
L'atleta, in più, si paga anche le trasferte, gli attrezzi per l'allenamento, il costume quasi usa e getta per la gara, mangia come un lupo che da solo costa come la spesa di una famiglia, ma sta zitto e nuota. Così si dice. 
Ora, se c'è un mondo nel quale gli addetti ai lavori non amano essere messi in discussione è sicuramente quello del nuoto italiano. Una strana congiuntura antropologica di arroganza difensiva unica nel genere. Stiamo fuori in questo caso dalla facile polemica. Non vogliamo quindi, al cospetto di un tanto prevedibile apparato di autodifesa, mettere in dubbio la professionalità di nessuno. E quindi, dirigenti, fisiatri, allenatori, istruttori, giudici, manager, analisti di marketing (ormai si trova di tutto a bordo vasca), politici, sindacalisti, fotografi, giornalisti, produttoridi attrezzi e costumi, ristoratori e albergatori, società di assicurazione... insomma chi più ne ha più ne metta, che ci stanno a fare? Beneficenza, no! Sono in tanti, siamo circondati da venditori d'assalto che propongono i migliori servizi e le più raffinate professionalità. In cambio di cosa? 
Il nuoto agonistico è a tutti gli effetti una piccola industria dove ciascuno ha la propria fetta di dignità e di guadagno ma... dobbiamo far notare una anomalia di questo settore: tutti magnano tranne la figura sulla quale si fonda l'intero sistema: il nuotatore.
Il mercato è l'incontro di domanda e offerta, che tipo di domanda rappresenta il nuotatore agonista e di quali servizi usufuisce senza che ne fornisca a sua volta, dato che paga solo e non incassa? E poi ancora: essendo l'unico senza soldi come fa ad essere il cliente se non è nemmeno il fornitore?
Forse sarebbe forzare troppo l'argomentazione da parte mia, il voler dimostrare che il nuotatore agonista fornisca la propria attività e la propria immagine perchè un segmento di mercato stia in piedi in modo che tante persone, ma lui escluso, abbiano un congruo ritorno economico. Ma è sicuramente eccessivo, d'altro canto, che tutto un mercato intero possa pretendere che nemmeno una rappresentanza dei migliori agonisti (100, 200...) possano essere contrattualizzati e retribuiti come professionisti. Dato che mantengono e giustificano tutto un comparto. Ovunque si vogliano collocare dei prodotti esistono dei costi di accesso alla piattaforma. Giusto o sbagliato che sia, oggi funziona così. Dovrà essere così anche per nuoto e nuotatori. Se questo sistema non è in grado dare lo stipendio anche ad almeno duecento nuotatori così come fa con tutto il circus allora non merita di esistere.

Vuoi nuotare? Allora spara!
Una delle distorsioni più evidenti e più invisibili allo stesso tempo del sistema economico dello sport italiano è rappresentata dagli atleti che imbracciano le armi per fare sport. Lo abbiamo talmente accettato che non ci si fa più caso, sentiamo parlare dell'atleta fiamme oro, fiamme gialle e così via, e non solleviamo nemmeno un sopracciglio per chiederci come mai mandiamo sempre i militari anche nelle occasioni civili e come mai questi militari abbiano interesse ad essere presenti alle suddette manifestazioni. Brand awerness? No, elemosina di Stato. E' già tanto se tutte queste suddivisioni di forze armate abbiano di per sè senso di esistere oggi, figuriamoci che caspita dovrebbero farci i carabinieri o la finanza con gli atleti... e infatti li pescano fuori e mica tra i loro. 
Le vecchie istituzioni sportive di stampo ultra nazionalista come quelle che derivano dal periodo fascista (FIN?) non hanno compiutamente svolto un processo di emancipazione culturalmente dall'idea di sport di stato e dell'atleta come servitore dello stato. Niente di più facile, date le nobili origini della federazione, che questo povero atleta, ridotto al rango di attrezzo, non abbia conosciuto negli anni nessun tipo di tutela e sviluppo della sua figura al punto che farlo entrare in un corpo militare per poter nuotare è visto da un lato come atto di generosità mentre dall'altro, spesso tristemente perchè tanti atleti sono anche poveri, come una bella fortuna. Nel mentre c'è chi ingrassa...

Povero come un nuotatore o ricco come un idraulico?
Parli di un professionista sportivo e subito lo immagini sul divanetto del privè con pupe e champagne. Ci sono anche quei professionisti, ma quell'immagine non è propriamente la distorsione dell'immagine del professionista, bensì quella dell'immagine del ricco. Il ricco può essere talvota (...) un po' cafonema questo è un altro discorso... Essere professionista, invece, non vuol dire essere ricchi. Significa che la propria attività è svolta all'interno di uno standard riconosciuto di regole, obblighi, atti, strumenti... Significa che la propria attività è tutelata e che lo sono anche i propri clienti. Nulla a che vedere con il lusso. Un artigiano è un professionista e benchè vi siano degli artigiani molto ricchi ce ne sono tanti altri che dalla loro attività ricavano semplicemente lo stipendio per vivere dignitosamente. Perchè un nuotatore meritevole non può accedere ad un contratto che gli permetta di far valere dei diritti di base, così come spettano a qualunque essere umano che dedica la giornata ad un'attività dalla quale dipende anche il benessere di altri? Forse la vita di nessuno dipende dall'attività dei nuotatori agonisti? A me sembra il contrario.

mercoledì 26 settembre 2012

Il ritardo anticipato

Abbiamo due possibilità teoriche: o il nuoto non si è evoluto come sport, e allora certe cose possono continuare esattamente come prima e in un modo o nell'altro la fortuna gira e tutti raccolgono qualcosa, oppure il nuoto si è evoluto e allora il mestiere di essere competitivi diventa un po' più incerto. Di che parlo? C'è un tema in giro per il mondo, non troppo allo scoperto ma nemmeno troppo nascosto, che tratta dell'età degli attuali e futuri campioni.

Lo squadrone americano si poneva il problema, prima della partenza per londra, dell'età media del team. Per la prima volta nella storia gli atleti americani  in età da college erano in minoranza mentre tra quelli ancora a scuola si contavano troppe poche matricole rispetto al passato. Si descrivevano come una squadra di vecchi con alcuni highlander. Talmente vecchi che i soliti quattro detrattori del nuoto statunitense scommettevano a viso aperto sul fatto che gli Usa avrebbero perso competitività non appena si fosse ritirato phelps.
Sappiamo com'è andata alle olimpiadi: han vinto i vecchi (americani) e hanno stravinto a sorpresa giovani e giovanissimi con prestazioni da urlo, mentre tanti altri si sono messi in luce in maniera molto poco timida. Gli stati uniti abbozzarono al doping per la piccola Ye, campionessa cinese, salvo poi ricacciarsi la lingua in gola quando Ledecky, americana, la combinò ancora più grossa (la sua prestazione era più veloce del record nazionale della staffetta 4x200 della sua categoria...), e poi meilutyte che regola soni sui cento e una Franklin talmente annunciata che quattro o cinque ori non fanno notizia. Anche noi nel nostro piccolo, e a modo nostro, abbiamo portato un giovane paltrinieri in finale, o meglio, lui ci è andato... In generale quindi età media del campione olimpico è risultata molto bassa ed è arrivato anche il botto ritardato del fuscello yamaguchi che ha riportato il primato dei 200 rana in giappone proprio pochi giorni fa.

Ho sentito recentemente che il brasile ha varato un piano olimpico per il 2020 e oltre che coinvolge gli atleti già dall'età di esordienti, sappiamo che la cina non ha problemi a considerare un bimbo alla stregua di un professionista, che l'australia ha un metodo per valutare se a 13 anni un atleta sia d'interesse nazionale oppure no, che gli stati uniti hanno un sistema di gare e di informazione che rende il nuoto infantile ultra competitivo anche se vorrebbero vendercela all'opposto, e pare che i russi abbiano scoperto che i cinesi non sono del tutto scemi...
In tutto questo fibrillare tanti paesi non staranno a guardare e con competenza o meno, poveri bimbi, spingeranno perchè si diventi "nuotatore finito" prima di essere "finito" come nuotatore.

Noi da che parte stiamo? Siamo tra quelli che avrebbero o che non avrebbero competenza per anticipare i programmi? Siamo tra quelli che non lo dicono ma lo fanno, o tra quelli che non lo fanno e basta?

Cercare di ottenere delle prestazioni di rilievo da atleti sempre più giovani ha dei vantaggi, se si capisce come fare è tutto più facile: qualità neuroattive migliori, capacità di recupero incredibili, condizione mentale da favola, socialità tutta da costruire... E' indubbio che chi arriva prima al risultato, cioè ad esprimere il suo massimo potenziale atletico, ci arriva meglio. Più tardi il corpo riesce a completare certi adattamenti e più risorse da poter dedicare allo scopo si saranno nel mentre convertite ad altro. La crescita non sta in standby finchè un allenatore ha deciso che è il momento di insegnarti a fare l'atleta, più si riesce ad aderire e condizionare lo sviluppo e migliore sarà la resa. Non è un caso che esistano delle età minime per l'iscrizione alle varie discipline olimpiche.
Il nuoto non ha ancora vissuto la sua vera stagione infantile come ad esempio la ginnastica artistica, e mai la vivrà perchè è uno sport che, sebbene individuale, si ostina ad essere allenato in squadra. Impossibile in queste condizioni avere uno sviluppo tecnico eccellente in età precoce e allora "tutti salvi". Salvi per modo di dire perchè un'abitudine poco compresa del mondo del nuoto è quella di voler sopperire alle carenze tecniche dell'atleta con lo sviluppo metabolico dall'età prepuberale in avanti. Una selezione naturale che rende a molte vasche l'eleganza delle tonnare... (e ci si crede anche allenatori per questo) cosa che da sola spiega come mai si lasci questo sport presto e spesso definitivamente.
Il nuoto è giovane non bisogna biasimarlo, certe cose van dette perchè tutti possano riflettere e migliorare: la personalizzazione della tecnica esiste in qualunque disciplina. Non esistono due persone uguali e questo vale anche se non sono nuotatori (lo direste mai?), ma ovunque prima si impara la tecnica e poi la si personalizza. Nel nuoto invece accade l'inverso, cioè che per un certo periodo di tempo, diversi anni, si nuota un po' come viene mentre arrivano dall'allenatore meno indicazioni possibili sui movimenti da effettuare in acqua. Ad un certo punto, raggiunta una certa affermazione sportiva, si inizia a tenere conto dei cosiddetti dettagli. Secondo me troppo tardi perchè non si sia già sacrificato troppo materiale umano all'altare del dio carro davanti ai buoi.

Ovviamente le cose importanti non sono fare o non fare la esse, toccare la coscia con il pollice, entrare o uscire con il mignolo e le altre leggende metropolitane,  ma tutta quella classe di fondamentali che non sarebbero ignorati così a lungo in nessuna disciplina al mondo. Mai si passerebbe sopra ad errori dello stesso livello, cose per cui gli studenti non sarebbero ammessi alle classi successive come posizione del corpo, posizione del capo, meccanica delle maggiori articolazioni (ginocchia, gomiti, polsi, spalle, caviglie, anche)... Questi dovrebbero essere una vera ossessione per atleti e allenatori fin dagli inizi. Come fai a rendere fluido un movimento che hai imparato a sedici anni? Ci credo che si continui a parlare del "talento" come di un miracolo. Nonostante tutto sia scritto, condiviso e condivisibile quanti atleti devono sfilare in una gara anche di livello nazionale perchè si veda una gambata a dorso come si deve? Eh già, ma lui è dorsista, mentre l'altro è ranista e via con i soliti contenuti di folklore. Per i calciatori la palla è rotonda e per noi l'acqua è bagnata. A ognuno il suo. Diamo tempo al tempo, non si vuole e non si deve insultare il lavoro di nessuno. Allenare è un mestiere complicatissimo e l'allenatore di nuoto è messo in una condizione non facile per svolgere il suo mestiere al meglio (come si deve essere sentito rossetto con pellegrini che gli nuota 4.14 agli europei?)

Ciò che mi chiedo è: Il nostro progetto rio 2016 parte già vecchio?

domenica 23 settembre 2012

Facciamo a meno di FIN 1° - Istruttori

La mia ipotesi, sin dai tempi del mio Sturm un(d) Drung, è che la federazione del nuoto sia inutile e di conseguenza sia anche inutile combatterla. Talmente inutile che basta ignorarla per passare oltre. Hanno sbagliato, hanno fallito, hanno imbrogliato, ma non c'è motivo per perdere tempo a quantificare la dimensione delle porzioni di colpa di ogni signolo dirigente. Hanno più colpa i tecnici o gli amministrativi? Chissenefrega!
Vorrei chiarire e approfondire, tramite una serie di articoli che trattano ciascuno dei campi d'intervento della federazione nel mondo del nuoto, queste mie affermazioni, partendo da questo post. Iiniziamo oggi un'analisi dei servizi della federazione ai suoi associati e alla comunità tutta.

La percentuale dei nostri ragazzi che avranno l'opportunità di vestire la maglia della nazionale una volta nella vita è di molto sotto lo zerovirgola, che questo avvenga o no infatti poco importa, parliamo di poche decine di persone contro milioni di praticanti lo sport del nuoto in tutta italia. Pochissimi avranno bisogno di un altissimo livello di servizio mentre tutti gli altri, come in vero settore di ricerca e sviluppo, dovranno recepire il meglio di ciò che discende dal "reparto corse". Secondo la nostra ottica, comunque, dai privilegi di pochi non deriva necessariamente il benessere di molti. La nazionale però serve all'Italia, e perchè no? E FIN in questo momento e solo per questo motivo, come dimostreremo, serve anche all'Italia... è l'ostacolo burocratico (vero sport nazionale) imposto dal CONI. Essere la porta per andare in nazionale è infatti l'unico vero requisito di questa federazione. Diamo a cesare quel che è di cesare. Chi volesse vestire il tricolore è obbligato a farlo attraverso FIN, non c'è altra via. Se uno fosse il più veloce nuotatore del mondo, più facilmente gli offrirebbero un passaporto diverso da quello italiano per farlo competere all'estero, piuttosto che farlo gareggiare per l'italia senza tessera FIN. I compari del CONI daltronde, si guardano bene dal riconoscere un altro ente in concorrenza con FIN, loro che, già normalmente, impiegano anni a riconoscere un'associazione anche quando non sembrano esserci conflitti tanto evidenti ai loro interessi...  ma non è interessante cambiare oggi questo rapporto Italia - CONI - FIN, quanto è invece doveroso comprendere meglio il valore delle attività federali per circoscrivere la sfera di interessi sterminata che si amplifica a partire da questo sontuoso e patriottico alibi.

Se l'elite del nuoto italiano, che è la più ristretta elite di sportivi rispetto al numero totale di praticanti di qualunque sport, con le sue attività rivolte al nuoto di eccellenza fa pubblicità, giustifica e certifica un enorme sistema di erogazione di servizi e disservizi che cuba milioni su milioni, vale la pena capire realmente quanto questi servizi siano indispensabili nella loro forma attuale? A me pare di si.


Inizierei con qualcosa al di sopra di ogni sospetto: il SIT ovvero settore istruzione tecnica. Un reparto dal quale dipende tutta la didattica dei corsi di formazione di istruttori e allenatori. Non voglio parlarne male, soprattuto non voglio parlarne male per forza e so bene che tanta gente che lavora nel settore è degna di merito. So però anche altre cose:

- non esiste nessuna normativa che obblighi un istruttore ad essere diplomato da FIN,

- il SIT non è depositario di nessun sapere segreto e che tutti gli argomenti della tecnica natatoria sono materia di libero scambio commerciale (libri, video... tutto si compra...),

- i tirocini che gli aspiranti istruttori fanno presso le piscine sono diffusamente una farsa,

- so ancor meglio che nulla come l'esperienza e la buona volontà fanno di un comune mortale un istruttore di nuoto.

Non sarà molto ma è un sapere di qualità!

Tanto per dire: sono anche capitato in piscine dove esponevano orgogliosi (credo) il logo Scuola Federale FIN autorizzata all'insegnamento di qualunque disciplina acquatica (nuoto, sincro, tuffi...) dove a mala pena la struttura poteva permettersi di ospitare un corso di acqua gym... questo a proposito della credibilità di marchi e titoli.

Per quanto ho visto, in giro, e non ho visto poco ormai, piuttosto che continuare così tanto vale lasciar stare. Chi fa l'istruttore oggi? Lasciando da parte le generazioni passate che ancora si trovano a bordo vasca e che hanno dei backgrournd tra i più variegati e pittoreschi, alla faccia di ogni SIT, oggi compaiono per lo più dei giovani con livello culturale medio alto, diplomati, laureati e laureandi. Questi ultimi non hanno bisogno d'altro che delle linee guida e delle dritte su cosa e dove cercare le informazioni che gli servono. Fanno volentieri e meglio a meno di spendere tempo e soldi dietro a un sistema formativo che a oggi non ha dimostrato nulla di imperdibile... fino a prova contraria... e sono anni che la cerco.

Chiaramente, non si può destrutturare del tutto una funzione come il SIT e sostituirla con l'anarchia, ma una valida alternativa, più leggera e meno dispendiosa per tutti non è difficile da immaginare.
Potrebbe esserci un ente di certificazione che verifica che il soggetto volenteroso non sia manifestamente incapace di intendere e di volere e che sappia nuotare i quattro stili da agonista e non come se ne vedono... La teoria può benissimo stare su una piattaforma condivisa (web) dove ciascuno attinge, scambia e propone... fermo restando che estistono fior di manuali in giro per il mondo... e che per il livello "istruttore" non c'è davvero nulla da inventare. Nè più nè meno.

Possiamo girare in tondo quanto vogliamo ma nessuno è in grado di dimostrare che per iniziare a fare l'istruttore di nuoto serva più di questo: saper nuotare, saper leggere, volerlo fare, farlo.

La cosa più vergognosa oggi, a mio avviso, riguardo agli struttori FIN, le scuole FIN e la FIN stessa è che in tutto questo finto obbligo di certificazioni autoreferenziali FIN non costringa le scuole con il proprio marchio ad un trattamento economico adeguato verso i propri diplomati istruttori. Un evidente conflitto di interessi da parte della federazione che prendendo soldi da entrambe le parti si astiene dal mettere becco. Un motivo in più per ritenere inutile e degradante un certo pezzo di carta e un certo marchio.


giovedì 20 settembre 2012

FIN ita?

Mi è rimasto impresso nella mente, purtroppo non c'è traccia su web del video, l'atteggiamento del Coordinatore Capo Bonifazi durante la autoconvocata conferenza stampa a londra per spiegare cosa non stesse andando per il verso giusto, dato che i nostri atleti palesavano dei conflitti di comunicazione e di opinione abbastanza marcati. Questi sedicenti dirigenti si sono presentati, dopo aver anticipato che avrebbero spiegato tutto, per spiegare nulla e negare ogni evidenza. L'immagine più forte, in verità, è quella della giornalista RAI Caporale, non proprio il mio idolo, che sembrava un gigante dell'inchiesta giornalistica sprecata nel reportage di in un piccolo convegno da marciapiede per risolvere una bega di condominio con un medico abbronzato al quale gli schiamazzi notturni hanno turbato il sonno estivo. Mentre questo Bonifazi cercava di coordinare il suo volto gommoso nell'articolare l'estraneità sua e del suo staff a qualunque problema di pianificazione e programmazione asserendo che fino agli europei, e per chi non ne avesse abbastanza anche ar settecolli, tutto andasse secondo i piani, il "genio" giornalistico di Caporale ribatteva: "Ma come? Sti ragazzi han detto che non sono mai stati bene tutto l'anno e hanno lamentato difetti di programmazione fin dall'nverno". Come a dire, vallo a raccontare a qualcun altro. E ancora, interrogato sulle ipotesi di una tale debacle, Bonifazi ripondeva che non se ne poteva capire nulla perchè a tot atleti corrispondevano tanti altri allenatori, società, situazioni e condizioni che nessuno avrebbe potuto seriamente starci dietro. BOOM
Il coordinatore ha ammesso, senza capirlo, senza saperlo e senza volerlo che il suo ruolo è totalmente inutile e che, per come sono gestite le cose, tutto l'impianto organizzativo è da buttare.

Chi potrebbe avere da ridire in merito? Un coordinatore che si dichiara estraneo, intendendosi non colpevole, ma non se ne possono negare le implicazioni logiche, all'organizzazione della squadra che coordina spiegando che con tutta la buona volontà non sarebbe facile nè comprendere nè gestire nè accusare. Ecco, questo non apre forse un gigantesco problema esistenziale? Cioè, che ci stanno a fare?

Passiamo subito al sodo, l'Italia convive passivamente con delle situazioni stranissime, questi erano da cacciare a pedate già dopo i casini di Roma 2009 ma sotto i gonnelloni di federica e alessia, ben nascosti, sono riusciti a crescere, prosperare e rimanere. Se anche fossimo tutti daccordo, chi dovrebbe cacciarli via e come? Non è un problema di poco conto, possiamo dirle tutte, avere ragione su tutto, essere milioni di milioni e quelli continueranno a fare gli affaracci loro. 
L'Italia permette queste cose: i comitati d'affari si mascherano da enti benefici di varia natura e all'insegna del no profit e in spregio a qualunque parola contenuta negli statuti, i dirigenti fanno bella vita e ingrassano mentre migliaia di attivisti, volontari, gratuiti e non, tengono in piedi, consapevoli o meno, la facciata. Succede con le banche (no profit le banche?), succede con la politica (e non c'è bisogno di aggiungere nulla), succede nello sport ed evidentemente anche nel nuoto.

FIN rappresenta e riunisce le società, tutto il resto, cioè chi paga, chi nuota, chi sogna e chi spera sono solo scudi umani senza diritti. Le stesse società sono attualmente tenute per i coglioni, pare che l'80% non possa votare a causa dei debiti che a vario titolo hanno contratto con la federazione. 

Riassumendo: se il lavoro di coordinamento delle attività della nazionale è finto, così come appare finto lo status di ente benefico, perchè una società dovrebbe avere la tessera FIN? 

Quante società sono coinvolte nel giro della nazionale e quante società non vivrebbero senza i favori della federazione? Per il restante xx% non è meglio un'alternativa meno rozza, meno politica, meno strapotente e più sportiva?

Chi deve restare perchè ha i propri interessi, stia, gli altri invece perchè non migrano verso un ambiente dove gli obiettivi siano un po 'più trasparenti e le occasioni di dirigenti ridotti allo stato di maiali all'ingrasso ridotte al lumicino?

Queste federazioni sono l'eredità di un concetto di organizzazione dello Stato e della società ormai superato nei fatti sia dalla cultura che dalle condizioni economiche. Il lavoro che fa FIN possiamo farcelo da noi, meglio e prima, con un budget praticamente azzerato e vi spiego anche il perchè:

se non devi arricchirti, non devi vendere, quindi non devi investire, cioè non hai bisogno dei grani! 

Il giro di cassa multimilionario della federazione non si spiega in nessun modo, statuto alla mano e sportivamente parlando.



lunedì 17 settembre 2012

Perchè Qui

Per oltre un anno ho dato il mio volenteroso contributo (quasi 800 interventi) al Forum Corsia4. Quel forum è un luogo dove scrivere non è mai stato facile, così come, in fondo, non è mai scontato aprir bocca nel mondo del nuoto. Per molti motivi, tra cui alcuni moderatori e utenti davvero singolari, le discussioni su Corsia4 sembrano dover seguire una sorta di traccia restando in superfice senza mai poter andare al fondo. Quando si parla di nuoto italiano, definirle discussioni coi paraocchi è il meno che si possa fare per rendere un pochino l'idea. 
Dopo che utenti illustri e competenti hanno preso il via per altri lidi (alcuni letteralmente cacciati), sdegnati da un ambiente estremamente rissoso e coercitivo, l'ultima geniale trovata è stata il veto, giunto dal proprietario del forum, ad affrontare discussioni politiche sul forum. Un veto inutile e ad personam: inutile perchè se si parla di organizzazione dello sport è impensabile non affrontare alcun tema politico e ad personam perchè è assolutamente diretto all'utente Ortobene (me medesimo) unico a prendere di petto e senza peli sulla lingua le tematiche più imbarazzanti dello sport nazionale... alcuni apprezzano, alcuni disprezzano, molti osteggiano e Ortobene finisce puntualmente bannato. 
Parliamo di un livello di informazione a volte estremamente scontato e banale, sono stato bannato anche per aver riportato i contenuti di un seminario di aggiornamento tecnico rivolto agli allenatori FIN dove l'allenatore di un atleta nazionale (scozzoli) definiva il lavoro svolto dal suo predecessore in maniera poco lusinghiera... che mi frega a me e che male fa sapere se un professionista è contento del lavoro di un collega? Ah già, l'allenatore sputtanato è un utente del Forum, moderatore, intoccabile... Insomma, per non farla tanto lunga, sto forum è pieno di interessi privati di ogni sorta, allenatori, dirigenti, commercianti, consulenti... l'unico modo per trovare un equilibrio è parlare del più, del meno e del nulla. Ricorda un po' quello che avviene nelle discussioni politiche dove per non far male a nessuno ci si esprime nel politichese più vuoto possibile (Rutelli è un maestro, potete prenderlo in qualunque discussione e appiccicarlo in un'altra senza che nessuno se ne accorga... sa farlo anche in inglese).
Ragazzi, lo sport merita qualcosa di meglio.
La barzelletta è che Corsia4 è un forum politico e politicizzato, esattamente come tutto il nuoto, propone dei contenuti politici tout court, ma le uniche discussioni che ammette in merito sono quelle degli amministratori che propongono interviste al dirigente FIN (Walter Bolognani responsabile delle nazionali giovanili, editore di nuoto.it, e amico del forum corsia4) che si candida in politica, o che pubblicizzano a caratteri cubitali le tessere politiche dei moderatori (Silversurfer, PD) e che difendono l'indifendibile gestione del nuoto italiano capitanata da un senatore di lungo corso del PDL (Paolo Barelli presidente FIN) che sguazza in appalti e conflitti di interesse degni di miglior attenzioni. Sappiamo come funziona: ci si astiene, ci si allinea o si va via.
Non sono qui in lotta o in contrapposizione con Corsia4, anyway, tutto sommato non ne ho motivo, ognuno fa a casa propria quel che gli pare, semplicemente, da oggi, il meglio di quello che ho da scrivere, per evitare ban e discussioni (imbarazzanti), lo vengo a scrivere qua.
Chissà che non si finisca per fare qualcosa di buono!

Benvenuti.