sabato 8 dicembre 2012

Perchè, perchè, perchè...

Il mondo del nuoto non è diverso dal suo contenitore generale, il globo terracqueo, la gente che bazzica per piscine non arriva da altre galassie e per il momento non vedo come si possa interagire seriamente con una tale mole di ignoranti e teste di cazzo. Ieri tutti i quotidiani riportavano una notizia terribile: gli italiani si stanno impoverendo, vendono oro, si fanno il pane in casa e si zappano l'orto. Scusate se insisto con lo sproloquio: ma allora siete davvero tutti coglioni? E' un bene o un male che uno tramuti in denaro degli inutili, inutilizzati, inutilizzabili, e forse persin brutti, monili di metallo giallo? E' buono forse quello schifo di pane industriale da quattro euro al chilo che ormai troviamo in tutte le panetterie? Da quanti anni non trovo degli ortaggi decenti al supermercato?
Il mondo di oggi è velocissimo e la maggior parte di voi era già in difficoltà quando si andava più piano, per fortuna che c'è la crisi che impone di rallentare il passo e tornare a pensare alle cose che contano. Sarà bella la borsa di merda di Luigi Vuittone che le donne esibiscono tutte uguali, ma è bello anche un cane che corre su un prato. Sarà bello l'Aifone 5 e tutto il mondo di puttanate inutili creato da quel miglioratore del mondo di Steve Jobs che è riuscito nel giro di cinque anni a vendicare gli indios che abbiamo preso per il culo nelle barzellete quando scambiavano i loro prezioso con i nostri specchietti. Noi siamo peggio, Voi siete peggio, io me ne tiro fuori, anzi non ci sono mai entrato, il mondo va bene se uno fa le rate per comprare un telefono del cazzo, il decimo, ma è sfacelo se ci zappiamo delle buone patate. Questa gente, questi coglioni che siete, si pensa che possano rinsavire quando passano dalla vita di tutti i giorni alla piscina? Io dico di no. Il nuoto, quando allargandosi il mercato avrà più spettatori, è destinato a diventare un cesso peggiore del calcio. Nessuna cultura, nessun senso estetico, solo cronometro e mangimi per animali da corsa. Il nuoto cerca il talento perchè non ha nulla da insegnare, perchè non sa insegnare quel poco che sa, perchè l'importante è vincere.
Io non sono tanto avanti, dove arrivo io arrivano anche altri e prima o poi le cose diventano evidenti per tutti: il nuoto, non quella merda che spacciate per tale al solo scopo di guadagnare un po' di soldi, è uno sport carissimo ed elitario e così deve rinascere. Con o senza gossip, con o senza soldini privati e statali. Uno sport per pochi, di dedizione, equilibrio, sacrificio e senso estetico disinfettato dai venditori di mangimi e cianfrusaglie e dai professori di una tecnica che non c'è. Nuoto e nuoto agonistico sono due cose totalmente diverse, come fare una traversata in nave da passeggero o esserne al comando, la prima è per tutti e la seconda è per pochissimi. Mi rendo conto che il nuoto non è da sostenere ma da combattere. Ho impiegato un po' di tempo ma ci sono arrivato. Lo schifo immondo che alberga nel nuoto si è accorto prima di me di questo e nei miei confronti è sempre stato sulla difensiva, per così dire, la coda di paglia è un analista infallibile. Prima ancora che io capissi il vero senso delle mie stesse affermazioni queste erano considerate malevole e nocive dai parissisti dello sport acquatico (cito solo per il piacere del disgusto il sito corsia 4 che sfrutta il tempo libero degli utenti per fare pubblicità al gioco d'azzardo in home page con una rubrica dal titolo DIVERTIMENTO... divertiti con sto cazzo ...e tanti auguri con le interessanti discussioni sui tempi delle gare: 5 è meno di 6 e 9 è più 4).

Oggi si pensa che il nuoto sia uno sport per tutti ma che non tutti possano diventare nuotatori, io sono convinto dell'opposto: chiunque può diventare un nuotatore ma il nuoto non è uno sport per tutti.


sabato 3 novembre 2012

Nota Integrativa

"Ti invito a cena, io porto i barattoli e tu la birra... ah, mi si è rotto il misurino hai mica un bilancino da prestare?" "Prendilo pure dal mio armadietto negli spogliatoi"
E' una finzione, questa conversazione non è avvenuta, è solo una battuta ma sono convinto che sia uno scenario assolutamente probabile. Quando ho scritto "La medicina per nuotare" intendevo introdurre il tema della sana alimentazione anche tra gli sportivi. Prendendo spunto dall'ormai famosa foto della stanza di michele, trovata per caso tra i link di un amico, pensavo di scrivere quanlcosa di ovvio, di notoriamente risaputo. L'integrazione alimentare e le sue contraddizioni, accettate e ignorate per interessi vari: prestazioni per l'atleta e quattrini per tutti gli altri.

Ai miei tempi c'erano già tutte le porcherie del mondo ed erano riconosciute come tali, l'alteta era un privilegiato che giocava le sue carte e che sapeva che i beveroni, per quanto legali, non avevano nessuna garanzia di essere innocui. C'era già questo mito dei nutrienti fatti in polvere e ridotti in sostanze più semplici che non appesantissero gli organi in modo da fornire energia pura e immediata, e si faceva strada l'idea (molto commerciale ed efficace) che l'atleta avesse bisogno di mangiare talmente tanto che se si fosse approviggionato di vero cibo gli sarebbe scoppiato il fegato... le polveri invece, più semplici, più mirate, meno dannose del panino...
Esistevano già tutte queste cazzate ma se ne poteva discutere tranquillamente, si sapeva che erano cazzate, ognuno ne accettava la sua parte.

Il mondo invece prosegue la sua folle corsa e quello che ieri appariva come una chiara frode in commercio tollerata e autorizzata è diventato un dogma: gli integratori sono legali e allora guai a parlarne male.

 La violenza barbara con cui intendono che ci sia libertà di scelta è da prigione, è falso e a farne le spese sono i nostri giovani.

Immaginiamo la scena: i tuoi compagni di squadra prendono i prodotti in barattolo, vanno forte, reggono ritmi di allenamento più alti e recuperano più velocemente... tu sei libero di non prendere nulla. Dai, non prendiamoci per il culo. Se le parole di questi testimoni di falsa libertà avessero un senso non esisterebbe nemmeno la piaga sociale della droga: sei libero di non prenderla!

Ho parlato di inversione del rapporto tra alimentazione e integrazione alimentare, intendendo che la seconda fosse più importante della prima nella dieta dello sportivo. Ecco cosa Michele Cosentino ha risposto sul sito di gazzetta elencando le quattro "sciocchezzuole" di cui si nutre:

"Krealcalina , vitamina c, proteine in polvere,
Bcaa della isatori
Creatina della muscletech
Recupero della herbalife (sponsor della nazionale di nuoto)
Glucosamina per la protezione delle articolazioni,
Barrette per spuntino pomeridiano promeal.
Calcio"

Mia nonna con l'alzheimer prendeva qualcosa in meno.

E' tutto perfettamente legale. Non è legalmente doping. Nessuno dice il contrario, non ci si stupisce nemmeno che la manica larga della legge abbia consentito l'instaurarsi di una tale sottocultura che consideri indiscutibile nutrirsi di polveri piuttosto che di cibo. Faceva notare qualcuno che l'educazione allo sport abbia perso qualunque referente in questo stato (CONI declina ogni responsabilità nonostante quasi mezzo miliardo di sovvenzioni) e non mi risulta che abbiano mai sollevato il problema dell'educazione alimentare.

La sottocultura ha raggiunto degli apici di indecoro al punto che C.B. ex nuotatrice professionista, qui intervenuta in difesa degli integratori, non prova vergogna a lamentarsi del fatto che un atleta professionista non possa utilizzare l'EFEDRINA (stimolante bandito per doping) per sturarsi il naso. La sottocultura di oggi non vede che l'atleta è un privilegiato che fa una vita da sogno (the ficentis...), lo dipinge invece come una persona vittima di tante privazioni ma senza mai notare che la salute è la prima cosa di cui si privano e sabandierando le altre finte privazioni senza un minimo di rispetto per chi lavora... sarebbe troppo facile rispondergli di andare in miniera ma non siamo qua per denigrare nessuno.

(Non centra molto, ma mentre vi parlo sparano a non più di cento metri da casa mia per una legalissima battuta di caccia al cinghiale... oltre al legale rischio di centrare una casa abitata, è legalemente previsto che il cinghiale muoia dissanguato a colpi di pallettoni lasciando i suoi cuccioli e il suo bosco... sempre legalmente, vive le sport.)

Le mie personalissime obiezioni all'integrazione alimentare:

1) si scelgono gli integratori per modificare le proprie performance - ma non è il principio del doping?
2) non sono io a dover dimostrare che l'integratore sia una dannosissima merda ma sono i produttori farmacisti di serie B e medici degli stivali a dover certificare e sottoscrivere che non avrete alcun problema tra 20, 30 o più anni. Provate a chiedere.
3) se nessuno potesse prendere integratori per legge, ne fareste a meno? Non sarebbe meglio? E se fosse meglio non prenderli, non è forse vero che prenderli è una minchiata?

Vi sarete accorti che l'australia ha raccolto un po' meno del previsto alle scorse olimpiadi dove perfino i clienti della dietologa di Cosentino sarebbero andati a medaglia? (è una battutaccia ma mi è stata servita così)
Molti di voi forse non sanno che la federazione australiana ha vietato l'uso di sonniferi ai suoi atleti olimpionici pochi giorni prima delle olimpiadi. Sapevano che gli effetti non sarebbero stati dei migliori perchè tutti erano abituati a ricercare il miglior sonno ristoratore a forza di goccine. Il prodotto che usavano era perfettamente legale e diffuso in tutto il mondo. Hanno deciso di fare a meno di quel prodotto per via di alcuni effetti collaterali riportati dal campione Hackett che lo usava molti anni prima. Non dico che abbiano perso per questo ma:
- gli atleti si sono opposti al veto prima delle olimpiadi dichiarando che sarebbero stati guai grossi, anche per via del jet lag,
- una volta fatta la frittata è ovvio che non possano dire di aver perso perchè non avevano le goccine...

La disfatta potrebbe anche avere altre cause, ma la paura/certezza di perdere non li ha fatti desistere dal prendere una giusta decisione.
Perchè non impariamo anche noi?

sabato 13 ottobre 2012

Testa di Ca...mpione

Non sono tanti i grandi campioni dello sport, ma di contro non sono pochi quelli che a un certo punto saltano fuori con un auting di qualche tipo o che vengono colti in flagranza di qualcosa. Se va da sè che una certa percentuale di disagio resti nell'ombra senza mai dichiararsi al grande pubblico, ne consegue che la tara mentale del sociopatico sia quasi il simbolo di appartenza a certi club super esclusivi.

Sta per uscire l'inutile (visto che ha già detto tutto in anteprima) biografia di Thorpe e si riaccende il tema del disagio esistenziale dei grandi campioni. Intorno a questo fenomeno non vedo nessun mistero e ho talmente poco rispetto di psicologi e psico-trainer che la verità ve la dico subito: lo sport non fa male alla testa, la fama nemmeno e così anche le pressioni a cui questi fenomeni si sottopongono durante la carriera. Essere disadattati è forse una condizione fondamentale per poter diventare dei grandi campioni nel mondo di oggi. Ian voleva uccidersi e per caso non lo ha fatto, beveva molto, viveva in un limbo incomprensibile, come tutte le star, e il momento sbagliato poteva capitare davvero. Se non fosse stato nessuno, lui come altri, forse si sarebbe fatto fuori sul serio.

Voglio scacciare quell'istinto diffuso di compassione piagnucolante nei confronti di chi è stato dio vivente. Lo scrivo ancora, tanto per essere più chiaro: "dio vivente". Non lo dico per cattiveria ma per incondizionato rispetto nei confronti di queste persone e dello sport.
Solo un deficente potrebbe pensare che esistano delle vite dai tratti solo rosei. L'attraversare un periodo a sbevazzare un po' di più e a pensare che forse sia meglio farla finita capita quasi a tutti nel corso della vita. Spesso durante l'adolescenza, che una volta superata, si lascia guardare a ritroso con estrema dolcezza anche nelle sue fasi più nere.
Distinguiamo queste anime piangenti a seconda di come comunicano durante i loro periodi di crisi: ci sono quelli che non ci pensano minimamente sopra, tanta è la sfiga che sbadilano fin dalla nascita, ci sono quelli che cercano aiuto e ci sono quelli che vorrebbero chiedere aiuto ma sono imprigionati nella propria inviolabile prigione mentale dorata. Tra questi ultimi spesso ci sono atleti più forti.

I sofferenti della prima specie, quelli che la sfiga li domina totalmente e vivono ogni crisi in modo totalmente passivo non saranno mai dei grandissimi, c'è poco da fare e anche poco da discutere. Potrebbero avere dei talenti enormi ma non riuscirebbero mai ad usarli al massimo.
I sofferenti della seconda specie, avendo la "forza" (della paura?) di chiedere aiuto si espongono al rischio altissimo della contaminazione e dell'imbastardimento dei propri scopi, dei propri ideali e delle proprie motivazioni. L'equilibrio delicatissimo ed esplosivo che governa il caos adolescenziale di un atleta di alto livello è praticamente spacciato. Un vero "elite" non chiede mai aiuto su certe cose, non viene mai allo scoperto, l'istinto lo protegge da certi errori, può capitare che chieda aiuto su qualcosa di non troppa importanza per lui, ma non farebbe vedere mai a nessuno i suoi punti deboli. Chi ti aiuta ti cambia... ci va un forte istinto per resistere a tutte queste mani che si tendono.
I sofferenti della terza specie, infatti, vincono da soli o soccombono. Certi pregi e difetti hanno la stessa natura, sono la stessa cosa ma si applicano a situazioni differenti. Quello che rappresenta forza, solidità e determinazione di un atleta emerge anche quando deve proteggere i propri segreti, i propri imbarazzi e soprattutto quello che da lui viene visto come una debolezza. Sarebbe più facile violare i forzieri della banca d'Italia.
L'atleta di solito non ha impara che vincere o perdere hanno senso solo in gara e che la vita ha un regolamento un po' meno chiaro e definitivo... Un Ian Thorpe che pensa al suicidio è lo stesso che pensa a vincere in vasca, ed è lo stesso che si riduce a sentirsi una foca ammaestrata pur di non mostrarsi perdente. Lo stesso Phelps diceva di vincere perchè non sopportava la sconfitta. Chi può dire se l'ostinazione cieca dello sportivo non sia un grande difetto in un uomo normale e se i peggiori difetti dell'uomo non diventino pregi quando sono al servizio di uno scopo estremo come quello di diventare il più forte di ogni tempo? La nostra cultura tende a cancellare ogni estremismo e a de-radicalizzare gli atteggiamenti, lo sport è necessariamente altrove!Nello sport avviene il contrario di quanto viviamo e insegnamo nella cosiddetta società civile, come si fa a non essere dei disadattati?

Nell'atleta si sommano alcune condizioni normali ad altre eccezionali e questo genera un po' di confusione. Loro stessi non ci capiscono un granchè e quando poi si sentono abbastanza al sicuro, tanto da poterlo raccontare al mondo intero, esibiscono i loro travagli infantili come fossero gli stessi trofei per i quali sono stati adorati. Non caschiamoci, e non ci caschino loro per primi. Quando al re fa male il culo, non gli fa più male che al contadino...
Un altro campione della 'autobiografia piangente è stato il tennista Agassi. Sembra assurdo che un atleta tanto enorme si sia sentito in dovere di raccontarci le sue sofferenze, scusate il cinismo, quasi stesse parlando di un bimbo afgano che ha perduto le gambe su una mina: il papà lo costringeva a giocare e lui non voleva, lui odiava il tennis... poverino, a giocare lo costringeva il cattivo papà, quel cattivone. Gli ha proprio rovinato l'esistenza quel bastardo!

Dico da sempre: stiamo vicino agli atleti perchè sono persone meno autosufficienti e più immature dei loro coetanei. Va di moda pensare l'incontrario ma è un falso clamoroso. Si sono astratti per molti anni e hanno affidato tante scelte e tanta vita in mano ad altri. Non lo sottovalutiamo. A parte la loro immensità, sono poveri cristi come tutti noi.

Ma tu guarda! capitolo 2

E' stato pubblicato il continuo della cosiddetta inchiesta e, anzichè mettere a segno un bel colpo per l'informazione, i giornalisti svelano meglio la loro natura di servi dal grilletto facile. In fretta e furia buttano giù dei dati dei quali non si capisce un bel niente e che il ragioniere di Barelli riuscirebbe a confutare anche in stato di ebbrezza. Peccato, per la fregola di pubblicare entro la data delle elezioni FIN hanno sprecato un'occasione d'oro. L'unica evidenza è che c'è un giro di soldi enorme che in nessun modo può essere giustificato col livello di servizio e di risultati offerti. Di certo è un gran magna magna ma senza i dettagli...

Da quei gran somari di repubblica.it:

Dal tennis alle piscine
Ombre e misteri nei bilanci

Rappresentano due tra gli sport olimpici più importanti. Nei loro conti diverse incongruenze. Gli incastri societari e la gestione "familiare" della Fit. Spese generali decisamente esagerate e piuttosto vaghe alla Fin

Nello sport italiano i soldi pubblici vengono spesi male e in modo poco trasparente dalle federazioni di ogni dimensione. Da quelle con pochi iscritti come il pentathlon, alle più grandi come Figc, Federtennis e Federnuoto.

Tennis. La federazione è un affare di famiglia. Supertennis costa 4 milioni di euro l’ anno. Anche in casa Fit i bilanci sono introvabili. Sul sito c’è solo uno stralcio di bilancio del 2010, comparato a quello del 2002, anno economicamente nero del tennis italiano. La Fit riceve oltre 6,2 milioni di contributi pubblici (un quinto delle entrate totali) di cui circa 5,9 dal Coni, più che raddoppiati in dieci anni e che aumentano all’ aumentare dei tesserati. Secondo le nuove norme si possono tesserare tutti gli iscritti ai circoli affiliati, anche senza che giochino a tennis. Dei 28,7 milioni di spesa, ben 5 se ne vanno in personale e strutture, mentre quasi 2 sono "spese generali". E si scopre che la federazione ha tre società partecipate, con 78 dipendenti: la Fit Servizi srl, la Mario Belardinelli ssd e la Sportcast. La prima, che gestisce e amministra le finanze della Fit, ha come socio la Lega italiana tennis e Marco Perciballi, consulente della società e della Fit. La Mario Belardinelli, che organizza i centri estivi della Fit e offre consulenze, è partecipata dalla Fit servizi, dalla Lega tennis e dalla International lawn tennis club Italia. Dal 2008 al 2010 ha ricevuto dalla Fit circa 2,7 milioni. Altri 4 all’ anno invece vanno alla Sportcast, editore di SuperTennis tv. Il presidente è Carlo Ignazio Fantola, anche vicepresidente del gruppo editoriale Unione Sarda, nonché zio del presidente Fit Angelo Binaghi, rieletto per la quarta volta. La Fit ha indicato come consigliere delegato la QA srl, della famiglia Baccini, che già si occupa della comunicazione della Fit (promozione e comunicazione costano 3,2 milioni). Giancarlo Baccini è anche direttore della tv. Su tutto questo è aperta una interrogazione parlamentare al ministro Gnudi. Ombra completa su tutto il resto, a partire dalle spese sostenute per organizzare gli Internazionali Bnl. Sono noti i ricavi, 15-17 milioni, ma l’ utile si riduce a poco più di un milione di euro. Sul dettaglio dei costi mistero assoluto. Non è un mistero invece che l’ ex tennista azzurro Gianluca Rinaldini - paraplegico a 26 anni per un incidente stradale-nel 2004 ha perso tutti i suoi incarichi nel mondo del tennis: aveva votato l’ avversario di Binaghi. Vincitore.

Nuoto. Tante spese "generali" e "varie". Trecentonovantamila euro in opuscoli. La Federnuoto, dopo la Figc, è la federazione più finanziata dal Coni. Nel 2011 ha ricevuto 10,5 milioni (4% del totale), 646mila in più del 2010, di cui 608mila per gli atleti del Club Olimpico, sottraendo 228mila al funzionamento e all’ attività sportiva. Molte risorse vanno all’ attività di alto livello (197mila euro in più) e ai dipendenti, con 57mila euro di contributi in più. A discapito delle strutture, per la cui gestione i fondi restano a quota 1,8 milioni. Dei 36 milioni spesi per l’ attività sportiva ben 5,5 sono assorbiti dai costi generali e per il funzionamento, 4 milioni (1,2 milioni più del 2010) partono per il personale (80 dipendenti tra Coni e Fin nel 2011, 18 in più del 2010) e i collaboratori a livello centrale e 1,4 milioni per l’organizzazione territoriale. E poi c’è l’ asso dei "costi generali", che assorbono 2 milioni. Lievita la spesa per il funzionamento delle commissioni tecniche che passa da 16mila euro a 91mila euro. Altri 250mila euro sono stati spesi come ulteriore finanziamento al Comitato organizzatore dei mondiali 2009, un buco nero ancora aperto. E poi ci sono i 390 mila euro di opuscoli e materiale di propaganda. Nella sezione gestione impianti sportivi su un totale di 8,3 milioni, ben 3,2 vanno sotto "altre spese", senza dettagli. "Vari" e "generali" sono parole ricorrenti, un limbo di spese oscure e incontrollabili. E rischiano di diventare incontrollabili anche i debiti delle società affiliate. Giorgio Quadri, in corsa per le elezioni del 14 ottobre, ha inoltrato al ministero del turismo e dello sport un esposto proprio su questo tema. Le norme federali prevedono che le società possano riaffiliarsi e avere diritto di voto solo dopo aver saldato i debiti con la Fin. Quadri accusa che "alcuni comitati regionali, in spregio alle norme vigenti, accettano a garanzia dei debiti anche titoli di credito o effettuano rateazioni". In pratica dei "pagherò" che, in caso di insolvenza, diventano debiti inesigibili. Tutto sulla fiducia. Nei soldi pubblici.

giovedì 11 ottobre 2012

Ma tu guarda!

Riporto così com'è dal sito di repubblica.it un articolo denso di ovvie banalità che la contrapposizione politica, non più pacifica, consente di pubblicare. Il costo degli "apparati" è superiore a quanto si spenda per lo sport... ma chi lo avrebbe mai detto? Ci sono più soldi per dirigenti e coglioni vari che non per atleti e tecnici, ma dai? 

Arriverà mai il momento della verità per lo sport nostrano? Per adesso godiamoci gli stracci che volano e, personalmente, la consapevolezza di non aver mai dubitato che fossero tutti, o quasi, meno che porci. Questa è solo la prima puntata e non vedo l'ora di gustarmi la parte su FIN, voi dite che repubblica permetterà al senatore PDL di scopare sotto il tappeto? Secondo me repubblica è un prodotto da spazzatura, ma visto il tempismo dell'uscita di questa "inchiesta" confido che non facciano sconti al nemico e ce la raccontino per bene. Ricordo a chi non avesse seguito i fatti che pochi giorni fa Barelli ha insultato il giornalista Zunino di repubblica per aver pubblicato un articolaccio sulla faccenda dei pasti al centro federale di Ostia. Ringraziamo il cielo, che almeno quando vengono punti sul vivo questi giornalisti servi del potere si sprecano per buttare giù due righe. Ah già, grazie anche a Barelli... che è diplomatico come bin laden:)

 

La burocrazia sportiva divora soldi di Stato
A pagare il conto sono i giovani e gli atleti

Il Coni percepisce dal ministero del Tesoro più di 400 milioni, ma solo la metà è destinata alle attività sul campo. Il resto serve a far funzionare la macchina: rimborsi spese, dirigenze e rappresentanza. Nella suddivisione il calcio la fa da padrone, ricevendo il 30 per cento dei contributi federali destinati ai settori non professionistici. Il caso della Federazione italiana di Pentathlon moderno (FIPM) che non ha mai pubblicato né il bilancio né il nuovo statuto

ROMA - La spending review tocca anche lo sport. Tocca anche il Coni e le federazioni che dal Coni ricevono le risorse economiche. Ma attenzione, a stringere la cinghia non sono i passeggeri saliti sul carrozzone della dirigenza, composta per lo più da personaggi che poco hanno a che fare con lo sport. Quelli che alle Olimpiadi erano in prima fila durante la cerimonia di apertura, davanti agli atleti. L'Italia è stata l'unica delegazione, su 204, in cui le teste bianche si sono piazzate in bella vista, prendendosi la ribalta e gli onori. Un'immagine emblematica, e piuttosto imbarazzante, che ben rappresenta le priorità del sistema Sport in Italia: prima la politica, poi tutto il resto. Abbiamo cercato di capire quanti dei fondi che il Coni, ente pubblico, riceve dallo Stato e distribuisce alle federazioni (che invece hanno natura privata) vengano veramente utilizzati per l'attività sportiva, specialmente  di base, e quanti vengano invece spesi o sprecati nel funzionamento del sistema. Nella maggior parte dei casi abbiamo avuto enormi problemi a reperire i bilanci, sebbene il Coni, che li approva, obblighi le federazioni a renderli pubblici, anche perché le federazioni svolgono in parte attività di natura pubblicistica, come organi del Comitato olimpico italiano. Il Coni, che per il 2012 può contare su risorse per 428 milioni (di cui 408,9 provenienti dal ministero del Tesoro) per il 2011 ha versato alle federazioni, alle discipline associate, a enti di promozione sportiva e alle forze armate circa 294 milioni di euro e 246 milioni nel 2012. Il resto serve per far funzionare il Coni stesso (rimborsi spese, utenze...). Per il personale 58,5 milioni nel 2011 e 58,3 nel 2012. Solo 5 milioni vengono destinati al "progetto di alfabetizzazione motoria" nelle scuole primarie insieme al Ministero dell'istruzione. Un investimento che evidentemente non può bastare a realizzare una vera promozione sportiva, a creare non necessariamente dei giovani e precoci atleti specializzati, ma a diffondere una cultura dello sport in famiglia, a scuola, nella società. Ma sembra quasi che al Coni e alle federazioni questo aspetto non interessi, così oggi in Italia solo la metà dei bambini pratica sport al massimo due volte a settimana e il 23 per cento dei giovani tra i 6 e gli 11 anni ha problemi di obesità. Così un terzo degli italiani non fa sport, un terzo lo fa al massimo fino a tre volte a settimana (ma anche una sola) e  soltanto un terzo lo fa assiduamente. Così si è tagliato sulla formazione dei tecnici, quelli veri, non quelli che in una manciata di ore prendono la qualifica di istruttore. Quelli che una volta si chiamavano Maestri dello Sport, usciti dalla Scuola centrale dello Sport, chiusa nel 1975 perché troppo oneroso l'impegno di dover assumere poi i diplomati come dirigenti, in posti "politicamente" utili da riservare magari a persone che con lo sport non c'entrano nulla.

Calcio. Ai giovani solo le briciole. E la Lega nazionale dilettanti è assopigliatutto. La Federcalcio ha ricevuto dal Coni 62,5 milioni di euro nel 2012, nel 2011 ne sono stati messi a bilancio 78,5 milioni, il 30 per cento circa dei fondi federali destinati ai settori non professionistici. Il settore giovanile dal 2007, dopo il commissariamento, è stato ridimensionato e l'attività regionale di tesseramento e organizzazione del calendario delle gare giovanili e scolastiche sono state affidate alla Lega nazionale dilettanti (Lnd), che si occupa di seconda e terza categoria, quelle che negli altri paesi si chiamano "amatori". I comitati regionali del settore giovanile e scolastico della Figc ricevevano circa 6,5 milioni di euro l'anno, quota oggi scesa a poco meno di 2 milioni di euro: la differenza, 4,5 milioni, arriva nelle casse della Lnd. Un'operazione quella di tesseramento che avviene online proprio nell'ottica di riduzione dei costi. Come mai allora il cartellino oggi costa 1,5 euro in più rispetto a quello fatto da una persona fisica? Una piccola cifra che moltiplicata per 740mila piccoli iscritti rende circa un milione di euro in più. Non solo, il presidente della Lnd Carlo Tavecchio ha ben pensato, in un momento in cui le aziende licenziano o falliscono, di fare nuove assunzioni di dipendenti, con i soldi che secondo lo statuto dovrebbero andare all'attività giovanile, oltre a elargire ai 20 presidenti "volontari" dei comitati regionali diarie/rimborsi spese (quindi esentasse) per 2-3.000 euro mensili. E lo dice fiero: "Siamo riusciti ad entrare nel pacchetto di mutualità dei diritti televisivi che ci permetterà di assumere più di cento dipendenti e costruire più di venti campi. Due aspetti fondamentali per la crescita della Lnd sia per puntellare la base sia per varare dei nuovi centri federali". In pratica con i 18 milioni che per regolamento sarebbero dovuti andare alla Figc e essere reimpiegati per il settore giovanile, la Lnd assume 104 dipendenti nelle delegazioni provinciali (8 milioni), del tutto inutili per i giovani calciatori, e realizza venti campi da calcio in erba sintetica (10 milioni, 500mila euro a campo). Un business gestito in modo monopolistico dal trittico Limonta (che produce l'erba artificiale) - Labosport (il laboratorio che analizza il manto) e Lnd servizi (che rilascia l'omologazione) col benestare di Tavecchi, amico di famiglia dei Limonta. Per omologare il campo in erba sintetica la procedura prevede un versamento di 4.800 euro alla Lnd servizi, un balzello che ricade, in teoria sui Comuni, di fatto sulle società. Campi realizzati in materiale plastico non biodegradabile e con controversi effetti sulla salute dei calciatori stessi.

Pentathlon sott'accusa: si risparmia sugli atleti per mantenere la dirigenza. La Federazione italiana di pentathlon moderno (FIPM) non ha mai pubblicato né il bilancio né il nuovo statuto (modificato da quasi un anno e inviato solo in questi giorni al Coni per l'approvazione). Nessuna delle società li ha mai richiesti, a parte l'Athlion. Buona parte di queste società sono infatti società fantasma, create ad hoc dalla federazione stessa per assicurare i voti all'attuale presidente, Lucio Felicita, in carica dal 1996. Quell'anno infatti lo statuto venne modificato per concedere diritto di voto a ogni società con almeno un atleta che avesse partecipato almeno a una gara. Dal bilancio che siamo riusciti a trovare, la federazione nel 2011 ha ricevuto 2,9 milioni di euro dal Coni, di cui ne ha spesi 2,3. "In Italia ci sono circa 140 società per un totale di 300 tesserati. Assurdo. Decine di queste società sono di Pesaro, la città di Felicita" dice Gianni Caldarone, tecnico Fipm ed ex azzurro. "E proprio a Pesaro dovrebbe sorgere il futuro "centro di pentathlon moderno" con una piscina da 25 metri senza tribune, con una sala scherma con solo 4 pedane che diventa anche palestra di tiro. Peccato che la sala sia al secondo piano dell'edificio, quindi è impossibile fare la prova di combined (corsa e tiro). Mancano la foresteria, il campo da equitazione e un percorso intorno per la corsa, in compenso ci sono il centro estetico e il ristorante. L'impianto sarà gestito da una società sportiva, sicuramente una delle 14 riconducibili al presidente". Solo il progetto è costato 230mila euro, spesa finita nel 2008 e 2009 sotto la voce "incarichi studio e ricerca" (143mila euro), nel 2010 e 2011 sotto la voce "immobilizzazioni" (106mila euro). La spesa preventivata è di 7 milioni, ma il mutuo richiesto al credito sportivo è di 7,5 milioni. Tanto per fare cifra tonda. "La federazione per finanziare questo progetto risparmia sugli atleti e gli impianti" continua Caldarone. "Ci sono 307mila euro per le trasferte e i soggiorni quando gli atleti della nazionale viaggiano in pulmino di notte per risparmiare sull'aereo; 27mila euro di diarie, quando al massimo solo le 9 promesse olimpiche ricevono 200 euro al mese di rimborso spese dietro pressioni dell'Assipenta, 332mila euro di "prestazioni", ossia i compensi per gli istruttori di nuoto che guadagnano solo 8 euro lorde l'ora, senza contratto. In stage e allenamenti vengono spesi 71mila euro, peccato che si faccia tutto a costo zero nel centro di Roma". Poi ci sono 2.486 euro di corsi mai organizzati, 34mila euro di spese per posta e telefono, una bella bolletta per 16 dipendenti. Solo di gettoni di presenza  del consiglio federale sono stati spesi 37mila euro, oltre 20mila euro di buoni pasto, non per gli atleti. La cosa clamorosa poi è l'"acquisto materiali sportivi" quando agli atleti nazionali in quattro anni è stato dato poco o nulla in tal senso. "Il centro federale di Montelibretti è completamente lasciato a se stesso eppure assorbe 534mila euro di manutenzione ordinaria" dice il tecnico, "non è stato neanche riparato il lampione abbattuto nel 2008 dal temporale e che però ha fatto lievitare la spesa di manutenzione da 300mila euro del 2007 a 607mila del 2008. E non si è lesinato sul cambio delle autovetture di "servizio" e sulle spese di "rappresentanza"". E che dire degli spiccioli? Le "altre spese" sfiorano quota 100mila euro. Però il presidente Felicita non percepisce neanche un euro. O almeno nel bilancio non figura.
(1 - Continua)

 

mercoledì 10 ottobre 2012

Il tecnico, cos'è e cosa dovrebbe essere

Mettiamo tutti insieme, istruttori e allenatori. Teoricamente una sola differenza separa le due figure: una insegna a nuotare e l'altra costruisce la prestazione. Nei fatti, chi impara a nuotare si scontra con la necessità di fornire una prestazione che gli permetta almeno di andare su e giù per la vasca in modo produttivo, mentre chi passa all'agonismo deve confrontarsi col fatto che il nuoto da prestazione è un'attività tecnicamente diversa da quello di scuola nuoto. Lasciando stare il fatto che la tecnica agonistica è più dettagliata e spesso completamente differente da quella dei corsi, vale da solo il fatto che a parità di gesto nuotare forte o piano rappresenta deu esperienze tecniche differenti. 
Tanto per puntualizzare: un istruttore è anche un tipo di allenatore e un allenatore è sicuramente anche un istruttore. Per puntualizzare ancora di più: un allenatore non è uno che tira fuori la prestazione dal corpo dell'atleta (suo malgrado)  ma è uno che insegna all'atleta come farlo.

Nuotare è sicuramente un atto innaturale, molti tra i grandi campioni del nuoto possono testimoniare come avrebbero preferito essere altrove, piuttosto che in vasca, agli inizi della carriera. Difficoltà di ogni tipo, paure, allergie, freddo e fatica sono nei ricordi di quasi tutti. Se sappiamo che mettere in acqua Michael Phelps, con due sorelle nuotatrici molto forti, giornate intere passate in piscina a guardarle e lui dotato di un incommensurabile talento, non è stato uno scherzo, dobbiamo ammettere che quello del tecnico del nuoto non sia un mestiere tra i più facili. 
Quello del tecnico è decisamente un lavoro difficile e qui, pesantemente, casca l'asino, aggiungerei anche il porco e il cane! 

Per completezza e onestà dobbiamo dire che qualuque professione dove si insegna qualcosa rappresenta un lavoro difficile, in ogni campo esistono difficoltà diverse, ma trasmettere abilità e conoscenza non è mai un fatto da dare per scontato. 

Per insegnare, in primo luogo, scusate se lo puntualizzo ma ha la sua importanza, serve qualcuno che voglia imparare.Questo è chiaramente imprescindibile e scontato, ma è altrettanto sottovalutato. Non esistono risposte per chi non ha domande. Per insegnare in modo effettivo o efficace è necessario che l'insegnante risponda e corrisponda alle domande poste, spesso implicitamente, dall'allievo. 
Il grande Bob Bowman dice che la prima cosa che ricerca in un atleta sono le sue motivazioni perchè finchè non le avrà comprese non saprà cosa insegnargli. 
Al caro Bob la vita di allenatore viene abbastanza facile, lui risponde automaticamente e in prima istanza alla prima e fondamentale domanda di ogni allievo e lo fa in modo molto solido. Un allievo chiede innanzitutto: "Tu sei un maestro?"

Maestro, come mamma , papà, nazione... sono parole magiche, sono quei luoghi dell'anima dove si corre quando le cose sembrano prive di senso e si sente il bisogno di comprenderne le origini. Sono parole pesanti come macigni. Mangiare, vestirsi, riprodursi, conoscere, cibo, protezione, società, maestro: la vita in sintesi.
 Ogni allievo sogna un maestro, un vero maestro. L'allievo di Bob Bowman trova un monumento: pluridecorato, strapagato, con posizione sociale da leader affermato, la cui competenza ed efficiacia non può essere minimamente messa in discussione. 
Molti altri non hanno le sue medaglie, non prendono i suoi stessi soldi e non sono venerati come guru, ciò nonostante, la loro competenza, che non può essere paragonata a quella di Bowman non è a rischio di essere del tutto sottovalutata. Perchè? 
Perchè anche se non hanno vinto le olimpiadi hanno un CV di atleta, allenatore e ricercatore che in modo molto trasparente, diciamo pubblico, chiarisce che non sono cascati dal pero. Perchè anche se non sono strapagati, sono pagati il giusto, per quello che deve esserlo una persona di responsabilità e fiducia (l'aria del pezzente a cui sono costretti molti dei nostri tecnici non depone a favore della loro credibilità). Perchè anche senza essere dei guru vivono in un contesto dove il COACH è una figura apprezzata e rispettata perchè gli si riconosce l'importanza fondamentale nell'educazione e nella crescita sociale dei giovani.

Il sistema carogna messo in piedi dalla FIN che prevede di obbligare i tecnici a spender soldi per comprare i suoi diplomini per poi essere costretti a lavorare in strutture dove, davanti agli occhi di tutti, non hanno nessun diritto ascrivibile alle moderne conquiste del mondo lavoro, mina alla base ogni possibilità di metodo o sistema di insegnamento e lo fa nel peggiore dei modi. 

Non serve nemmeno entrare nel merito delle competenze tecniche, l'immagine del tecnico è quella del disagiato, di chi è sotto ricatto, di chi ha un forte bisogno e pochissime alternative. FIN ha creato questo immondezzaio umano e professionale (mi scuso con chi dovesse sentirsi offeso ma lo sono io in  prima persona perchè è troppa la distanza tra il rispetto dovuto alla figura del maestro e la realtà). L'allievo si rende conto che il maestro non ha sufficienti risposte manco per se stesso... e così va a farsi benedire ogni buon proposito. Qua si spreca a piene mani perchè il maestro non è un modello presentabile. Invece dovrebbe esserlo in primo luogo. Lo sport è sacrificio che premia... e a te, caro allenatore, che premio ha dato? Una vita da precario e l'impossibilità di pianificare un'esistenza? No grazie!

Ci saranno sempre, ci sono, delle eccezioni tra maestri e allievi che riescono a vincere la risacca, siamo tantissimi, milioni, e grazie a queste eccezioni nascondiamo la verità di un sistema didattico marcio alle fondamenta che vende mediocrità spacciandola per eccellenza (su gentile concessione di crozza/celeste).

Di cosa c'è bisogno: società che possano permettersi di pagare uno stipendio decente ai tecnici e un campionato che dia una visibilità continua e contestualizzata all'attività delle squadre.

Come fare: smetterla di pagare FIN per nulla e aderire al progetto di campionato a squadre che sarà presentato su questo blog tra breve.


martedì 9 ottobre 2012

FIN, perchè migliorare vuol dire peggiorare

Devo premettere, per chi non lo sapesse, che chi scrive non ha interessi diversi dalla passione sportiva nel campo del nuoto. Sono dispiaciuto di tanto sciacallaggio e ignoranza che non permettono a uno sport praticato da milioni di persone di organizzarsi per il meglio. Gli interessi personali vengono anteposti, in maniera incredibilmente visibile, alle necessità di un movimento intero. La cosiddetta pace sociale è mantenuta tale da una elargizione di briciole, speranze e ricatti di bassa lega. Il nuoto è un mondo dove esistono interessi contrapposti e molteplici che sarebbe logico e quasi naturale che fossero rappresentati da soggetti diversi. 

Avete presente la contrapposizione (solo formale ahi noi) di sindacato dei lavoratori, sindacato degli imprenditori e pubblica amministrazione? Nel nuoto esiste solo FIN. Una sciocchezza talemente evidente che ogni giorno in più che questa federazione esercita la qualità di referente unico di qualunque interesse del mondo del nuoto è un insulto sempre più grande alla civiltà. Nulla di meno. 

Tutti allo stesso tavolo, come dei deficienti o dei complici, per generare risultati da terzo mondo. Come fai ad avere atleti, allenatori, società, enti di gestione, enti certificatori, formatori... tutti sotto lo stesso tetto? Non ha alcun senso e mai lo avrà. Nessuno mai risolverà il problema enorme dello sfruttamento illegale del lavoro di allenatori e istruttori, nessuno mai si potrà curare delle esigenze degli atleti, non ci sarà mai nulla da eccepire in merito alle didattiche e così via. Attenzione però, avanti per questa strada non c'è un collasso, un baratro, una tragedia, nulla di tanto evidente, si trovano solo, sempre che non ci siamo già arrivati, la sterilità e l'impotenza. Una lieta paralisi dove chi ha potuto prendere una forchetta in mano se la tiene e gli altri non esistono. Un organismo che punta da tutte le parti ma non si muove in alcuna direzione. Non esattamente il meglio!

Vado al punto. Migliorare FIN è davvero un attimo. Ci metto un bimbo di dieci anni, gli spiego la situazione, e combina molte cose migliori e positive rispetto alla condizione attuale. Cosa succede però se un interdetto a caso dovesse prendere il controllo di FIN e migliorarla? Succederebbe che non si cancellerebbero i conflitti che non permettono al NUOTO di essere un organismo, un sistema, un qualcosa che abbia senso... e allo stesso tempo si rafforzerebbero quei rapporti, quei ricatti, quelle speranze che permettono che il mostro sopravviva tale e quale. 

C'è un solo scenario alternativo a barelli e si chiama Quadri, è senz'altro migliore di chi lo precede ed ha anche più di dieci anni, ma è proprio il tipo di opportunità che dovesse mai verificarsi, vincendo e migliorando, andrebbe a consolidare e rendere più inconfutabili le contraddizioni di fondo della federazione. E' meglio non allontanare la possibilità di una presa di coscienza collettiva, dalla quale oggi siamo davvero a un passo. 

E' meglio che barelli vinca ancora. FIN non è da migliorare ma da smantellare. 

Una federazione emanata e finanziata dallo stato deve avere una funzione bella chiara e stop. Non centomila cose e interessi ovunque senza che se ne capisca nulla. Presto barelli avrà una tale concentrazione di cariche e interessi (gli agiungeranno ancora una vicepresidenza CONI) da sembrare un albero di natale. La sua poltrona sarà la seconda opera dell'uomo visibile dallo spazio e forse anche il mondo del nuoto inizierà ad avere prurito alle mani... Oggi il re è nudo. Non faccio il tifo perchè qualcuno gli metta le mutande, io voglio che vada in portogallo.

FIN è l'associazione delle società, teoricamente chiunque non sia una società dovrebbe toccarseli solo ad intravedere il logo, nella realtà e a causa di quanto detto sopra nemmeno le società, tutte quelle non imparentate e non clientelizzate, hanno da stare felici. Metteresti la volpe a guardia delle galline? E la volpe andrebbe a chiedere consiglio al cacciatore? Si è mai visto un cacciatore chiedere il permesso per entrare a sparare in un fondo recintato? ... ... ...

lunedì 8 ottobre 2012

La medicina per nuotare

Mi piace mangiare bene, quindi sano, anzi tradizionale, casalingo, della nonna e della mamma. Mi piace sapere dove sono state coltivate le olive dal quale è stato spremuto il mio olio, voglio sapere che cosa ha mangiato il maiale prima di immolarsi alla giusta causa dei prosciutti e delle salsicce e conosco il piacere di grandi insalate con ortaggi appena raccolti e caldi di terra e di sole. Nel mezzo secondo me non c'è molto, nel senso che ritengo molto difficile scendere a compromessi quando si tratta di mangiare. Quando non sono a casa e non ho sul radar fonti certificate di approvvigionamento, nel dubbio tra un bar, una trattoria oscura e un concreto mcdonald mi fiondo nell'ultimo, oppure digiuno. Esiste un rovescio buono, per così dire, della madaglia della globalizzazione alimentare: è dato dal fatto che hanno eliminato ogni qualità positiva del cibo, sapidità a parte, ma hanno standardizzato e limitato il livello di schifo. Cose tipo mcdonald limitano alcuni rischi, senza nulla aggiungere, chiaramente, ma si tratta pur sempre di ricoveri di emergenza.  

Essere Italiani, rispetto all'umanità generale, equivale a una mezza nobiltà. Piatti regionali e tradizionali famigliari che ovunque eccellono nella qualità dell'alimentazione. Il cibo è un settore nel quale siamo talmente superiori rispetto al resto del mondo che iniziamo a dare troppe cose per scontate generando due piani differenti di distorsione della nostra cultura alimentare: sul primo crediamo che esista un livello medio di qualità accettabile in tutto quello che troviamo in giro e che la grande distribuzione ci rovescia nel piatto per cui non ci curiamo più scegliere, criticare e ricercare gli alimenti migliori - sul secondo, ancor più grave se nasce dalle basi del primo, pensiamo di avere una base di alimentazione talmente sana da poterci permettere qualche momento, periodo o annetto di divagazione dalla retta via. 

Poi, su una nuvola che porta pioggia acida, ci sono gli atleti. Chi è quel maiale immondo che spacciandosi per allenatore e allevatore di giovani rende possibile il fatto che questa sia una normale stanza per un nostro nuotatore nazionale?


Sarebbe questo lo sport pulito? Sullo scaffale di fronte ci saranno almeno venti tipi differenti di prodotti chimici, i cosiddetti integratori... questo ragazzo dorme in una farmacia! Ma una cosa che deve integrare non dovrebbe comparire in misura un po' più modesta? Qua sembra che abbiano ribaltato il rapporto tra alimentazione e integrazione e vedano gli spaghetti come integratore al barattolone di proteine. Parliamoci molto chiaro: nessuno ha mezza idea di quali siano gli effetti collaterali a lungo termine di un uso tanto intensivo di tutte ste porcherie in barattolo. Non esiste straccio di report scientifico che non sia di parte, commissionato o sponsorizzato, dalle industrie del settore. Che queste porcherie siano legali non cambia nulla. Aggiungerei anche di far notare come lo storico delle abitudini umane ritenute innocue e rivelatesi nocive sia pericolosamente chilometrico... sostituire l'alimentazione normale di un atleta con dei barattoli puzza di guai. Atleti come cavie e sponsor involontari di venditori di merda in barattolo.
Non mi va di fare la morale e dire che la vittoria non si possa barattare con la salute perchè nulla cadrebbe più nel vuoto (manco vincono...), ma non riesco a non scorgere anche la bottiglia di jack daniels (a sinistra dopo la tv che trasmette cultura e il casco da genio)... quella cosa integra?


Forse è arrivato il momento di porre dei limiti all'integrazione alimentare, vietandola. Non importa come, ma se non è pensabile che uno sportivo possa nutrirsi di cibo, allora che ci stiamo a fare?

venerdì 5 ottobre 2012

...per il bene del nuoto

Michi è una categoria a se. Sta continuando a mietere prime pagine anche senza nuotare e senza fare troppi apparenti bagordi o sfilate di moda. Ha iniziato da pochissimo a giocare golf facendo subito spettacolo e stupendo tutti, forse anche se stesso, di sicuro non bowman che disse "non vedo l'ora  di vedere la fantastica mente di michael applicata al golf"... e guardate qua: http://www.telly.com/X6MEV?fromtwitvid=1

martedì 2 ottobre 2012

Fina World Cup 2012

Si ricomincia... e siamo soli. C'è un grande vuoto. Il golf ci ha privato del più grande di sempre e dobbiamo riempire questa buca in un modo o nell'altro, ma non con le palline. 

Tanti personaggi di alto livello che al suo cospetto appaiono come una magra consolazione. Ryan ce la sta mettendo tutta per farci rimpiangere il magnini dell'Isola e nessuno scommette sul fatto che Le Clos possa sopperire in almeno uno stile. Io sono con quelli che sostengono che Chad abbia vinto, e non che Michi abbia perso, ma la costanza e la consistenza sono tutte da dimostrare. Ciò non di meno Chad è li ai blocchi insieme a pochi altri, questa prima tappa nel deserto è poco frequentata, ma questo gli fa molto onore. Dopo tutto è lui che ha ricevuto ufficialmente, insieme col suo allenatore, il passaggio di consegne da Bob e Michael. E allora, sotto!
Tra gli altri cammellidi presenti annoveriamo Cseh, un po' di giovani australiani e giapponesi, umanità varia, Van der Bourg e l'inaspettato Ervin che si è davvero preso bene dopo anni di sex, drugs e rock 'n' roll... e questa è davvero una manna dal cielo per tutti noi perchè il ragazzo sa nuotare!

La formula del campionato è molto snella: tappe da due giorni con batterie e finali nello stesso giorno e tempi di iscrizione alle gare che permettono ai campioni di esibirsi in eventi inconsueti. La vasca è corta e ci sono pure le staffette con le frazioni da 50 e i 100 misti individuali. C'è tutto perchè sia un bello spettacolo, non da strapparsi i capelli, ma bello. Per fare il salto di qualità mancherebbero gli italiani e infatti non ci siamo...

Clicca qui per risultati per iscrizioni e risultati di tutto il torneo

Good Company, Bad Company (nota polemica)

FIN non è Alitalia, almeno dal punto di vista dei bilanci, quindi nessuno deve intervenire per salvarla. Dobbiamo però muoverci per salvare noi da lei. 

Non so se possa esserci qualcosa di più sbagliato del pretendere di avere il comando a vita di un ente di pubblica utilità. Queste persone così attaccate ai ruoli e alle sedie, non mi riesce davvero di pensarli mossi da altruismo e disinteresse. Per me e per tanti altri, crederli dei benefattori è un insulto all'intelligenza, peggiore di quello alla decenza che rinnovano ogni giorno in cui si protrae questo assurdo dominio. 

Devo ammettere che fino a quando non ho visto un presidente del consiglio carambolato dall'alto degli interessi bancari a tutela dei soldi dei potenti, avevo un po' messo in cantina, diciamo dai bei tempi della scuola superiore, ogni teoria sui complotti di oscuri centri di potere. Che bel momento, che bel regalo di amarcord che mi han fatto. Quest'anno è toccato di spolverare anche i più vecchi soprammobili.
Giusto o sbagliato che sia, meglio o peggio rispetto a prima, abbiamo assistito inermi e zitti, come cuccioli di gazzella in mezzo a una rissa tra leoni, al più grave sfregio che possa colpire una repubblica democratica. 

Digerita questa, siamo davvero pronti a tutto. Anche al mandato numero mille di Barelli e la sua disinteressata band. 

Sarà stata la tv, saranno le onde elettromagnetiche, il traffico, lo stress dei tempi moderni, ma viviamo in una condizione di perenne barzottismo: un vorrei ma posso alternato ad un potrei ma non voglio. 
Anche loro, i Barellidi, sono così, solo che vivono questa esperienza da una posizione diversa...

E così, amici barzotti, barzottamente, assistiamo anche alla più grave crisi di identità del nuoto nostrano: il nuoto crede di essere la FIN! 
Ed è molto più grave del fatto che FIN creda di essere il nuoto. FIN almeno ha le sue ragioni per evitare di essere se stessa!
Scherzi a parte, nuoto e FIN non sono, non possono e non devono essere la stessa cosa. E' come se un aereo fosse il cielo o se la diga fosse il fiume.
Scindiamo queste due entità incompatibili e riportiamo le cose al loro stato naturale. FIN è burocrazia, un filtro, una raccolta di cartacce, un luogo dove poggiare il culo. FIN è la tassa sul nuoto. La mano rugosa dello Stato onnivoro e ingordo. Le tante belle persone che lavorano sotto quel marchio non sono altro che scudi umani, spesso inconsapevoli. FIN usa il nuoto, non è il nuoto. FIN misura il bene del nuoto con l'unico parametro che riconosce: la propria salute. Se FIN cresce il nuoto sta bene, se i dirigenti di FIN stanno bene il nuoto sta benissimo, ma se le società, gli atleti, i genitori, cioè lo sport, il nuoto, lamentano qualche disagio non importa. FIN non riconosce nemmeno lo status di essere umano a un atleta che implora di cambiare società, processa qualche rigo di una bella norma e glielo sbatte in faccia insieme con la negazione della libertà.

E il nuoto invece cos'è? E' un atto nel quale l'uomo si cimenta da migliaia di anni insieme ad altri animali terrestri, molto prima che si aggiungessero anche quelli dei consigli di amministrazione. Le cose di cui ha bisogno per stare all'onore del mondo oggi sono due: sicurezza e igiene. Dopo che lo Stato ci ha garantito questo può anche smontare la bancarella e togliersi dai piedi. Grazie. La competizione sportiva e la sua organizzazione sono cose che devi permettere, promuovere e agevolare, possibilmente standone fuori. Con la scusa che quattro gatti andranno alle olimpiadi, non si possono mettere i bastoni tra le ruote a migliaia di persone.

Se c'è qualcuno in buona fede e con un minimo di buona volontà che sia in grado di elencare delle azioni di FIN a vantaggio dello sport del nuoto e non di se stessa, io lo ascolto volentieri. Ma i risultati parlano molto chiaro... e dio benedica l'acqua gym che fa quadrare i conti e gli americani che fanno buona pubblicità per tutti. 
Un amico mi ha recentemente fatto notare come si sia tragicamente ribaltato l'assioma andreottiano, per cui oggi possiamo senz'altro dire che "il potere logora chi ce l'ha". 
Alla luce di questo, non auguro a uomini di buona volontà di accedere ai posti di comando. Lasciamoci chi c'è. Mi spiace anche vedere questa finta lotta per l'avvicendamento alla presidenza con risultato scontato già scolpito su pietra e la proposta di nuovi programmi che, benchè migliorati, si distinguono per il solito strabismo di venere: si parla molto di regole, rapporti e danari e non si spende una parola su come si possa agevolare un salto di qualità, nel medio e lungo periodo, al nuoto italiano. FIN viene sempre prima di tutto... lasciamola stare. Si tengano la loro good company con gli appalti, i servizi, gli affari, i certificati e i bilanci revisionati e prendiamoci quello che non interessa più a nessuno, la vera bad company: lo sport. Non opporranno nessuna resistenza. Li si alleggerisce di un peso...

E' un pensare fuori dagli schemi che potrebbe portare a nulla oppure a stimolare la scoperta di alternative eretiche ma lecite e funzionali. Non appena avrò finito di introdurre i campi di intervento tra istruzione, allenamento, competizione... si entrerà più nel dettaglio per valutarne la reale fattibilità e l'impatto col mondo reale.
State all'erta, perchè come dice quel famoso proverbio sulla savana: se una mattina ti svegli e non sei un Barelli, è meglio che inizi a nuotare...

lunedì 1 ottobre 2012

Facciamo a meno di FIN 2° - Campionato

Mi viene spesso da pensare che quella del nuoto sia una causa persa, da molti anni si cerca una formula che possa attrarre pubblico senza far perdere, in continuazione, atleti lungo il cammino. E' come se concentrandosi verso i giovani si sottraessero risorse ai più grandi e viceversa. Col tempo è di fatto scomparsa la categoria Assoluti... si smette molto prima. I nuotatori italiani agonisti con più di venti anni sono facili da incontrare come la tigre del bengala. Una situazione davvero non promettente. 
Eppure qualcosa di estremamente positivo nei nuotatori, almeno all'inizio c'è. Dove troviamo tanto entusiasmo per uno sport di puro sacrificio quotidiano fin dall'infanzia? I nuotatori hanno un cuore sportivo tra i più grandi. Determinazione, costanza, abnegazione, ci siamo talmente abituati a vederli che non ci facciamo caso... ma che differenza c'è tra un piccolo nuotatore di dieci anni e un suo coscritto pallonaro? I nostri piccoli sono dei giganti. Allora, dov'è che li perdiamo? In che modo ce li giochiamo?

Devo ammetterlo, questi dirigenti sportivi del mondo nuotistico non mi entusiasmano per nulla, hanno la capacità di trasporto e di coinvolgimento di un boia, riuscirebbero ad ammazzare persino il calcio se vi si dedicassero. Le competenze poi, lasciamo stare, forse sanno tutto quello che serve per far stare a galla una persona, ma da li a creare, supportare ed espandere un circuito che deve essere spettacolo per chi lo segue e lavoro per chi ne fa parte, ne passa davvero. Sono talmente e palesemente inadeguati! L'opinione diffusa che non esistano nemmeno dei tentativi di rilancio della situazione non può essere del tutto infondata. 
Dobbiamo essere onesti però, non può essere colpa solo dei dirigenti. In forme e livelli diversi il nuoto incontra un mare di ostacoli in tutto il mondo. Il nuoto è un prodotto oggettivamente difficile da piazzare. Ha i suoi limiti. Bisogna scoprirli e raggirarli. Si deve ripensare un nuoto che non abbia le caratteristiche di autodistruzione che ha dimostrato fin qui.

Il nuoto è molto semplice, forse troppo, chi arriva primo vince e chi fa il tempo più basso in una qualunque gara è il più veloce anche se non si è confrontato con nessuno. Può succedere. Il vero riferimento per la qualità di una prestazione è sempre un record: nazionale, continentale, mondiale, olimpico, regionale... Una lotta quasi metafisica contro un avversario ideale. 

Nel nuoto si può arrivare primi e non essere affatto contenti perchè il tempo non è buono i rapporto a un qualche record e perchè le gare normalmente, tempi a parte, non contano nulla. Se mi metto nei panni di uno spettatore che vede un atleta vincere la gara  non esserne contento, credo che trovo anche molti buoni motivi per non tornare più e non voler pagare il biglietto.

Il nuoto è uno sport di prestazione in senso estremo. Il guidice è il cronometro come tanti altri sport, ma come in poche altre situazioni, il tempo con cui si vince è sempre più importante della vittoria stessa. Se il calcio avesse preso questa piega fin dal principio dove si sarebbe arenato? Pensate che bell'evento (palloso, manco a dirlo) trovarsi in un campo a vedere calciatori fare a gara a chi scaglia il pallone più lontano, a chi fa più palleggi, o a chi mette la palla più vicino all'incrocio dei pali. Che fallimento sarebbe stato? In realtà tutte queste qualità tecniche le hanno inserite all'interno di un confronto tra squadre che a loro volta forma un campionato... e campionati di campionati. 
Col nuoto è tutto un po' più difficile, ma sono convinto che il vero ostacolo sia il voler mantenere in purezza questa formula che ripropone all'infinito lo stesso tipo di confronto tra prestazione e record che non fa la felicità di nessuno... se non dei pochissimi che ogni tanto i record li riscrivono. 

Non cancelliamo tutto questo. E' bello, è epico, è sport allo stato puro, superare se stessi e superare la storia. W i record ma abbandoniamo gli assolutismi, che diventano sempre cattive abitudini, e affianchiamo alla meraviglia di questo sport qualcosa che abbia la capacità di divertire, coinvolgere, soddisfare e che sia anche da base per il lavoro di chi punta ai benedetti record. 
Duel in the pool, PanPacs, Fina World Cup, campionati scolastici e universitari americani sono degli esempi di successo di come si possa nel nuoto spostare l'obiettivo dalla prestazione pura verso un risultato di squadra senza creare danni... anzi.

Penso agli esordienti, siamo tutti coinvolti in attività di trofei e campionati regionali di cui si stenta a trovarne un beneficiario (FIN a parte). Il circuito piemontese, ad esempio, è talmente insulso che dallo scorso anno non esistono nemmeno più le premiazioni (vi risparmio le agghiaccianti, ipocrite e idiote motivazioni) fino a che non si arriva ai regionali di giugno. Un impegno di circa un dozzina di gare, senza nè capo nè coda dove si perde ogni volta tutto un giorno per pochi secondi gara, lungo tutta la stagione. I bambini sono assillati dai cronomentri senza avere nessuna forma di riconoscimento e senza nemmeno vedere i compagni che nuotano. 

Non prendiamoci in giro, i bambini fanno squadra da sè, finchè ci riescono, poi capiscono. I bambini li metti insieme gli dici che sono una squadra e sono contenti perchè loro si sentono una squadra, ma non c'è nulla di più di questo. Il nuoto italiano è estremamente individualistico: a nessuno interessa la staffetta quanto la propria prestazione individule e la stessa staffetta interessa realmente solo chi ne fa parte. Quando le staffette sono alla fine delle giornate non resta nessuno a guardare... e quando invece alla fine ci sono le serie più veloci degli individuali, non resta nessuno neppure per quelle. In sintesi: i piccoli atleti affrontano dei problemi di prestazione che non dovrebbero nemmeno sfiorare, la squadra è soloo un modo di descrivere un gruppo di individui e le gare sono delle palle pazzesche, delle torture cinesi per chi le fa e per chi le guarda. 

Manteniamo il regionale a giugno dove evento per evento stabiliamo chi nuota più forte, ma nel corso dell'anno perchè non facciamo un bel campionato?

La squadra x incontra la squadra y in numero limitato di eventi, due o tre ore al massimo di durata riscaldamento e docce compresi. Teniamo pure traccia delle singole prestazioni ma il senso della competizione è che ci sia un risultato di squadra che vada nel tabellone di un campionato. Regione su regione e categoria per categoria non vedo nulla di meglio e di più facile da organizzare per salvare la pellaccia e forse qualcosa di più.

Ovviamente, tanto per cambiare, in tutto questo, FIN non serve a un bel niente.

domenica 30 settembre 2012

Integrazione Sostenibile (premessa)

Abbiamo ammirato le prestazioni al limite dell'incredibile degli atleti disabili alle olimpiadi, e ora, come largamente preventivato, cala lentamente il sipario. Non sulle olimpiadi, come per tutti, ma sui disabili stessi, tanto per cambiare. Le olimpiadi sono una fantastica occasione per far apprezzare un diverso sguardo sullo sport e sulla vita. C'è ancora tanto spazio per tanto relativismo nella nostra esistenza: ...e se a magnini togliessimo la vista, oppure una mano una gamba e un piede, che tempo farebbe sui cento? Sarebbe contento lo stesso? Avrebbe il coraggio e la voglia di lottare ancora? 
Abbiamo visto persone comunemente ritenute sfortunate dare lezioni di sport, dignità e allegria e abbiamo visto quelli che si fanno chiamare "l'elite" dare il peggior spettacolo umano da molto tempo a questa parte. Disabili battono elite 100 a zero, tutti daccordo e non si discute. 

Ma ora torniamo alla realtà, quella non mediatica e poco patinata della vita di tutti giorni dove i disabili sono gli emarginati, e gli altri una vera elite. In un mondo fatto di regole e interessi immuni a qualunque critica, non c'è tempo per dar rettta a chi resta indietro. Nella realtà quotidiana i disabili si cimentano nelle stesse difficoltà di un olimpiade, con pari e superiori coraggio e dignità, ma senza nessun podio, nessun premio e nessun tipo di attenzione. In ogni settore i disabili non solo non sono cercati, ma sono anche evitati: scuola, asilo, lavoro, locali pubblici, tempo libero... il mondo è off limit.

La disabilità è un tipo di "diversità" che stenta a diventare di moda. Per altri "diversi" all'interno della nostra società è molto più facile: credo religioso, colore della pelle, orientamento sessuale... sono tutte diversità che rispetto alla disabilità hanno caratteristiche talmente tenui da poter essere opinabili. Se si parla di religioni si può convenire che in fondo ci sia un solo dio e poi molte sono pure imparentate tra loro, il colore della pelle è una cosa che con un po' abitudine si vede appena e sull'orientamento sessuale sta ormai stravincendo la linea di pensiero che non esista una vera normalità e che la famiglia sia un discutibile retaggio culturale. Persino i cani (nulla in contrario se non me li servite nel piatto) sono ricercati e ben accolti... che bella pubblicità che si fanno i bar che espongono il famoso "noi qui possiamo entrare"... 

E' tutto un inseguirsi interessato di tendenze dove la disabilità invece non ha vita tanto facile, è poco trendy, non fa figo e richiede un po' più di attenzione: se una gamba manca, la gamba manca e basta. L'amputato non è moderno come un gay, tenero come labrador, curioso come un malese o interessante come un buddista tibetano, è solo tremendamente privo di un arto! Chi non è abituato non sa come comportarsi, teme gaffe di ogni tipo ed è in perenne imbarazzo, (ben inteso che quello dell'amputato è solo un esempio) le riviste non ne parlano e la tv non ha dato istruzioni.

Il disabile, in realtà, è una persona normale che ha un mare di problemi e spesso, non a causa della sua condizione, solo quelli. Il lato brutto nella "sfiga", infatti, è che la maggior parte di questi problemi sono inventati e amplificati dalla società in cui vive, che colpevolmente li ignora e li trascura. Altri guai, ugualmente superflui, nascono poi anche dalla passività con cui il disabile e la sua famiglia, in un contesto sociale tanto ostile e impreparato, accolgono questa condizione. 

Non voglio scrivere il milionesimo inutile articolo di protesta, ma analizzare il caso secondo le mie capacità e individuare delle azioni che concretamente posso svolgere o promuovere, in prima persona, nell'ambito di nuoto agonistico e disabilità. Non voglio far passare un altro quadriennio per muovere dall'ammirazione all'impegno. Io mi sento già sufficientemente sensibilizzato. Devo capire cosa posso fare di concreto sul mio territorio e magari parlarne un po' con voi...
Questa è solo l'introduzione, a presto per i contenuti.






giovedì 27 settembre 2012

Uno strano video di nuoto

E poi non venite a dirmi che non ve lo avevo detto...

Questo video rappresenta la miglior metafora possibile dell'evoluzione tecnica del nuotatore. Così come un giovane atleta inizia il suo percorso mouovendo ogni parte del corpo in antagonismo rispetto alle altre mentre tutto il corpo unito fa la lotta contro l'acqua, questi 32 metronomi meccanici iniziano il loro lavoro in modo totalmente scordinato. Poggiando su un piano semovente, sospeso da quattro fili che lo sorreggono agli angoli, trasmettono il loro impulso l'uno agli altri, anche attraverso il piano che restituisce loro delle vibrazioni sempre più armonizzate, fino a che tutti i 32 metronomi non arrivano ad una perfetta coordinazione tra loro e l'elemento sul quale poggiano.


Imparare a condizionare l'acqua e a farsi condizionare da essa mentre il corpo lavora all'unisono per un unico obiettivo: mica un lavoro da poco! E' meglio iniziare con il potenziamento o con la tecnica? Cosa succede se aggiungiamo potenza ad un meccanismo ancora non ben coordinato, riuscirà a trovare gli equilibri più facilmente o forse non li troverà mai più?
E allora, mi dite come mai i nostri esordienti van così forte, i categoria van come i razzi e poi gli assoluti non vanno più?

Sport e Denari 1.0

Il tema è vecchio come il cucco e tutti ci si buttano a pesce per moralizzare, de-moralizzare, difendere la pagnotta o guadagnarsela. Io faccio parte di quelli che pensano che i soldi siano superflui all'essenza dello sport, quindi se ne potrebbe fare a meno, ma siano resi necessari dalla dispendiosità delle sovrastrutture inutili che la nostra società crea in ogni campo, e così anche nello sport. 
In sintesi, i soldi non servono per far sport ma per far campare tutto ciò che si è costruito intorno allo sport. 
E' banale, ma spesso le cose più banali sfuggono di mente e succede che talvota siano i fondamentali, in quanto banali, ad essere persi di vista. Questa mia, più che una visione, che potrebbe essere etichettata come romantica o irrealizzabile, è una vera e propria analisi. A me pare opportuno considerare la possibilità della creazione della figura dell'atleta professionista anche nel nuoto, per il semplice motivo che in altri stati i nuotatori possono essere professionisti e che anche in italia esistono sportivi professionisti di altri sport. 
A tutto questo si obietta sempre che nel nuoto non ci siano i soldi perchè si possano avere dei professionisti come ad esempio nel calcio e che bla, bla bla bla...
Io invece, in proposito, ho sempre in mente almeno tre cose: 

- la prima che intorno ai nuotatori ci sono sempre più professionisti che campano dell'attività del nuotatore dilettante e questo mi suona già vagamente distorto, 
- la seconda è che il professionismo nel nuoto esiste e spesso lo abbiamo mascherato da servizio militare all'interno di un gruppo sportivo, 
- la terza è che un professionista non debba essere per forza multimilionario.

Voglio spiegare meglio questi tre argomenti:

Il nuotatore dilettante povero circondato da facoltosi professionisti
All'inizio di tutto abbiamo un impianto (la piscina), ci sono una proprietà e una o più società di gestione che rivendono o gestiscono in proprio i cosiddetti spazi acqua. In acqua ci fanno corsi con o senza galleggianti, bici d'acqua, assaggio di tartufi e vini... e poi ci sono anche i nuotatori a dare un senso al tutto. Una dignità, dal mio punto di vista. Tutti pagano, manco a dirlo, nuotatori compresi, ma pagano soprattutto gli agonisti che di solito smenano tutto l'annuale in un'unica soluzione mentre la signora dell'acqua gym paga mese per mese (lascio ad altro intervento il bilancio tra le varie attività in vasca e le conclusioni su chi aiuta chi a sopravvivere). 
L'atleta, in più, si paga anche le trasferte, gli attrezzi per l'allenamento, il costume quasi usa e getta per la gara, mangia come un lupo che da solo costa come la spesa di una famiglia, ma sta zitto e nuota. Così si dice. 
Ora, se c'è un mondo nel quale gli addetti ai lavori non amano essere messi in discussione è sicuramente quello del nuoto italiano. Una strana congiuntura antropologica di arroganza difensiva unica nel genere. Stiamo fuori in questo caso dalla facile polemica. Non vogliamo quindi, al cospetto di un tanto prevedibile apparato di autodifesa, mettere in dubbio la professionalità di nessuno. E quindi, dirigenti, fisiatri, allenatori, istruttori, giudici, manager, analisti di marketing (ormai si trova di tutto a bordo vasca), politici, sindacalisti, fotografi, giornalisti, produttoridi attrezzi e costumi, ristoratori e albergatori, società di assicurazione... insomma chi più ne ha più ne metta, che ci stanno a fare? Beneficenza, no! Sono in tanti, siamo circondati da venditori d'assalto che propongono i migliori servizi e le più raffinate professionalità. In cambio di cosa? 
Il nuoto agonistico è a tutti gli effetti una piccola industria dove ciascuno ha la propria fetta di dignità e di guadagno ma... dobbiamo far notare una anomalia di questo settore: tutti magnano tranne la figura sulla quale si fonda l'intero sistema: il nuotatore.
Il mercato è l'incontro di domanda e offerta, che tipo di domanda rappresenta il nuotatore agonista e di quali servizi usufuisce senza che ne fornisca a sua volta, dato che paga solo e non incassa? E poi ancora: essendo l'unico senza soldi come fa ad essere il cliente se non è nemmeno il fornitore?
Forse sarebbe forzare troppo l'argomentazione da parte mia, il voler dimostrare che il nuotatore agonista fornisca la propria attività e la propria immagine perchè un segmento di mercato stia in piedi in modo che tante persone, ma lui escluso, abbiano un congruo ritorno economico. Ma è sicuramente eccessivo, d'altro canto, che tutto un mercato intero possa pretendere che nemmeno una rappresentanza dei migliori agonisti (100, 200...) possano essere contrattualizzati e retribuiti come professionisti. Dato che mantengono e giustificano tutto un comparto. Ovunque si vogliano collocare dei prodotti esistono dei costi di accesso alla piattaforma. Giusto o sbagliato che sia, oggi funziona così. Dovrà essere così anche per nuoto e nuotatori. Se questo sistema non è in grado dare lo stipendio anche ad almeno duecento nuotatori così come fa con tutto il circus allora non merita di esistere.

Vuoi nuotare? Allora spara!
Una delle distorsioni più evidenti e più invisibili allo stesso tempo del sistema economico dello sport italiano è rappresentata dagli atleti che imbracciano le armi per fare sport. Lo abbiamo talmente accettato che non ci si fa più caso, sentiamo parlare dell'atleta fiamme oro, fiamme gialle e così via, e non solleviamo nemmeno un sopracciglio per chiederci come mai mandiamo sempre i militari anche nelle occasioni civili e come mai questi militari abbiano interesse ad essere presenti alle suddette manifestazioni. Brand awerness? No, elemosina di Stato. E' già tanto se tutte queste suddivisioni di forze armate abbiano di per sè senso di esistere oggi, figuriamoci che caspita dovrebbero farci i carabinieri o la finanza con gli atleti... e infatti li pescano fuori e mica tra i loro. 
Le vecchie istituzioni sportive di stampo ultra nazionalista come quelle che derivano dal periodo fascista (FIN?) non hanno compiutamente svolto un processo di emancipazione culturalmente dall'idea di sport di stato e dell'atleta come servitore dello stato. Niente di più facile, date le nobili origini della federazione, che questo povero atleta, ridotto al rango di attrezzo, non abbia conosciuto negli anni nessun tipo di tutela e sviluppo della sua figura al punto che farlo entrare in un corpo militare per poter nuotare è visto da un lato come atto di generosità mentre dall'altro, spesso tristemente perchè tanti atleti sono anche poveri, come una bella fortuna. Nel mentre c'è chi ingrassa...

Povero come un nuotatore o ricco come un idraulico?
Parli di un professionista sportivo e subito lo immagini sul divanetto del privè con pupe e champagne. Ci sono anche quei professionisti, ma quell'immagine non è propriamente la distorsione dell'immagine del professionista, bensì quella dell'immagine del ricco. Il ricco può essere talvota (...) un po' cafonema questo è un altro discorso... Essere professionista, invece, non vuol dire essere ricchi. Significa che la propria attività è svolta all'interno di uno standard riconosciuto di regole, obblighi, atti, strumenti... Significa che la propria attività è tutelata e che lo sono anche i propri clienti. Nulla a che vedere con il lusso. Un artigiano è un professionista e benchè vi siano degli artigiani molto ricchi ce ne sono tanti altri che dalla loro attività ricavano semplicemente lo stipendio per vivere dignitosamente. Perchè un nuotatore meritevole non può accedere ad un contratto che gli permetta di far valere dei diritti di base, così come spettano a qualunque essere umano che dedica la giornata ad un'attività dalla quale dipende anche il benessere di altri? Forse la vita di nessuno dipende dall'attività dei nuotatori agonisti? A me sembra il contrario.

mercoledì 26 settembre 2012

Il ritardo anticipato

Abbiamo due possibilità teoriche: o il nuoto non si è evoluto come sport, e allora certe cose possono continuare esattamente come prima e in un modo o nell'altro la fortuna gira e tutti raccolgono qualcosa, oppure il nuoto si è evoluto e allora il mestiere di essere competitivi diventa un po' più incerto. Di che parlo? C'è un tema in giro per il mondo, non troppo allo scoperto ma nemmeno troppo nascosto, che tratta dell'età degli attuali e futuri campioni.

Lo squadrone americano si poneva il problema, prima della partenza per londra, dell'età media del team. Per la prima volta nella storia gli atleti americani  in età da college erano in minoranza mentre tra quelli ancora a scuola si contavano troppe poche matricole rispetto al passato. Si descrivevano come una squadra di vecchi con alcuni highlander. Talmente vecchi che i soliti quattro detrattori del nuoto statunitense scommettevano a viso aperto sul fatto che gli Usa avrebbero perso competitività non appena si fosse ritirato phelps.
Sappiamo com'è andata alle olimpiadi: han vinto i vecchi (americani) e hanno stravinto a sorpresa giovani e giovanissimi con prestazioni da urlo, mentre tanti altri si sono messi in luce in maniera molto poco timida. Gli stati uniti abbozzarono al doping per la piccola Ye, campionessa cinese, salvo poi ricacciarsi la lingua in gola quando Ledecky, americana, la combinò ancora più grossa (la sua prestazione era più veloce del record nazionale della staffetta 4x200 della sua categoria...), e poi meilutyte che regola soni sui cento e una Franklin talmente annunciata che quattro o cinque ori non fanno notizia. Anche noi nel nostro piccolo, e a modo nostro, abbiamo portato un giovane paltrinieri in finale, o meglio, lui ci è andato... In generale quindi età media del campione olimpico è risultata molto bassa ed è arrivato anche il botto ritardato del fuscello yamaguchi che ha riportato il primato dei 200 rana in giappone proprio pochi giorni fa.

Ho sentito recentemente che il brasile ha varato un piano olimpico per il 2020 e oltre che coinvolge gli atleti già dall'età di esordienti, sappiamo che la cina non ha problemi a considerare un bimbo alla stregua di un professionista, che l'australia ha un metodo per valutare se a 13 anni un atleta sia d'interesse nazionale oppure no, che gli stati uniti hanno un sistema di gare e di informazione che rende il nuoto infantile ultra competitivo anche se vorrebbero vendercela all'opposto, e pare che i russi abbiano scoperto che i cinesi non sono del tutto scemi...
In tutto questo fibrillare tanti paesi non staranno a guardare e con competenza o meno, poveri bimbi, spingeranno perchè si diventi "nuotatore finito" prima di essere "finito" come nuotatore.

Noi da che parte stiamo? Siamo tra quelli che avrebbero o che non avrebbero competenza per anticipare i programmi? Siamo tra quelli che non lo dicono ma lo fanno, o tra quelli che non lo fanno e basta?

Cercare di ottenere delle prestazioni di rilievo da atleti sempre più giovani ha dei vantaggi, se si capisce come fare è tutto più facile: qualità neuroattive migliori, capacità di recupero incredibili, condizione mentale da favola, socialità tutta da costruire... E' indubbio che chi arriva prima al risultato, cioè ad esprimere il suo massimo potenziale atletico, ci arriva meglio. Più tardi il corpo riesce a completare certi adattamenti e più risorse da poter dedicare allo scopo si saranno nel mentre convertite ad altro. La crescita non sta in standby finchè un allenatore ha deciso che è il momento di insegnarti a fare l'atleta, più si riesce ad aderire e condizionare lo sviluppo e migliore sarà la resa. Non è un caso che esistano delle età minime per l'iscrizione alle varie discipline olimpiche.
Il nuoto non ha ancora vissuto la sua vera stagione infantile come ad esempio la ginnastica artistica, e mai la vivrà perchè è uno sport che, sebbene individuale, si ostina ad essere allenato in squadra. Impossibile in queste condizioni avere uno sviluppo tecnico eccellente in età precoce e allora "tutti salvi". Salvi per modo di dire perchè un'abitudine poco compresa del mondo del nuoto è quella di voler sopperire alle carenze tecniche dell'atleta con lo sviluppo metabolico dall'età prepuberale in avanti. Una selezione naturale che rende a molte vasche l'eleganza delle tonnare... (e ci si crede anche allenatori per questo) cosa che da sola spiega come mai si lasci questo sport presto e spesso definitivamente.
Il nuoto è giovane non bisogna biasimarlo, certe cose van dette perchè tutti possano riflettere e migliorare: la personalizzazione della tecnica esiste in qualunque disciplina. Non esistono due persone uguali e questo vale anche se non sono nuotatori (lo direste mai?), ma ovunque prima si impara la tecnica e poi la si personalizza. Nel nuoto invece accade l'inverso, cioè che per un certo periodo di tempo, diversi anni, si nuota un po' come viene mentre arrivano dall'allenatore meno indicazioni possibili sui movimenti da effettuare in acqua. Ad un certo punto, raggiunta una certa affermazione sportiva, si inizia a tenere conto dei cosiddetti dettagli. Secondo me troppo tardi perchè non si sia già sacrificato troppo materiale umano all'altare del dio carro davanti ai buoi.

Ovviamente le cose importanti non sono fare o non fare la esse, toccare la coscia con il pollice, entrare o uscire con il mignolo e le altre leggende metropolitane,  ma tutta quella classe di fondamentali che non sarebbero ignorati così a lungo in nessuna disciplina al mondo. Mai si passerebbe sopra ad errori dello stesso livello, cose per cui gli studenti non sarebbero ammessi alle classi successive come posizione del corpo, posizione del capo, meccanica delle maggiori articolazioni (ginocchia, gomiti, polsi, spalle, caviglie, anche)... Questi dovrebbero essere una vera ossessione per atleti e allenatori fin dagli inizi. Come fai a rendere fluido un movimento che hai imparato a sedici anni? Ci credo che si continui a parlare del "talento" come di un miracolo. Nonostante tutto sia scritto, condiviso e condivisibile quanti atleti devono sfilare in una gara anche di livello nazionale perchè si veda una gambata a dorso come si deve? Eh già, ma lui è dorsista, mentre l'altro è ranista e via con i soliti contenuti di folklore. Per i calciatori la palla è rotonda e per noi l'acqua è bagnata. A ognuno il suo. Diamo tempo al tempo, non si vuole e non si deve insultare il lavoro di nessuno. Allenare è un mestiere complicatissimo e l'allenatore di nuoto è messo in una condizione non facile per svolgere il suo mestiere al meglio (come si deve essere sentito rossetto con pellegrini che gli nuota 4.14 agli europei?)

Ciò che mi chiedo è: Il nostro progetto rio 2016 parte già vecchio?

domenica 23 settembre 2012

Facciamo a meno di FIN 1° - Istruttori

La mia ipotesi, sin dai tempi del mio Sturm un(d) Drung, è che la federazione del nuoto sia inutile e di conseguenza sia anche inutile combatterla. Talmente inutile che basta ignorarla per passare oltre. Hanno sbagliato, hanno fallito, hanno imbrogliato, ma non c'è motivo per perdere tempo a quantificare la dimensione delle porzioni di colpa di ogni signolo dirigente. Hanno più colpa i tecnici o gli amministrativi? Chissenefrega!
Vorrei chiarire e approfondire, tramite una serie di articoli che trattano ciascuno dei campi d'intervento della federazione nel mondo del nuoto, queste mie affermazioni, partendo da questo post. Iiniziamo oggi un'analisi dei servizi della federazione ai suoi associati e alla comunità tutta.

La percentuale dei nostri ragazzi che avranno l'opportunità di vestire la maglia della nazionale una volta nella vita è di molto sotto lo zerovirgola, che questo avvenga o no infatti poco importa, parliamo di poche decine di persone contro milioni di praticanti lo sport del nuoto in tutta italia. Pochissimi avranno bisogno di un altissimo livello di servizio mentre tutti gli altri, come in vero settore di ricerca e sviluppo, dovranno recepire il meglio di ciò che discende dal "reparto corse". Secondo la nostra ottica, comunque, dai privilegi di pochi non deriva necessariamente il benessere di molti. La nazionale però serve all'Italia, e perchè no? E FIN in questo momento e solo per questo motivo, come dimostreremo, serve anche all'Italia... è l'ostacolo burocratico (vero sport nazionale) imposto dal CONI. Essere la porta per andare in nazionale è infatti l'unico vero requisito di questa federazione. Diamo a cesare quel che è di cesare. Chi volesse vestire il tricolore è obbligato a farlo attraverso FIN, non c'è altra via. Se uno fosse il più veloce nuotatore del mondo, più facilmente gli offrirebbero un passaporto diverso da quello italiano per farlo competere all'estero, piuttosto che farlo gareggiare per l'italia senza tessera FIN. I compari del CONI daltronde, si guardano bene dal riconoscere un altro ente in concorrenza con FIN, loro che, già normalmente, impiegano anni a riconoscere un'associazione anche quando non sembrano esserci conflitti tanto evidenti ai loro interessi...  ma non è interessante cambiare oggi questo rapporto Italia - CONI - FIN, quanto è invece doveroso comprendere meglio il valore delle attività federali per circoscrivere la sfera di interessi sterminata che si amplifica a partire da questo sontuoso e patriottico alibi.

Se l'elite del nuoto italiano, che è la più ristretta elite di sportivi rispetto al numero totale di praticanti di qualunque sport, con le sue attività rivolte al nuoto di eccellenza fa pubblicità, giustifica e certifica un enorme sistema di erogazione di servizi e disservizi che cuba milioni su milioni, vale la pena capire realmente quanto questi servizi siano indispensabili nella loro forma attuale? A me pare di si.


Inizierei con qualcosa al di sopra di ogni sospetto: il SIT ovvero settore istruzione tecnica. Un reparto dal quale dipende tutta la didattica dei corsi di formazione di istruttori e allenatori. Non voglio parlarne male, soprattuto non voglio parlarne male per forza e so bene che tanta gente che lavora nel settore è degna di merito. So però anche altre cose:

- non esiste nessuna normativa che obblighi un istruttore ad essere diplomato da FIN,

- il SIT non è depositario di nessun sapere segreto e che tutti gli argomenti della tecnica natatoria sono materia di libero scambio commerciale (libri, video... tutto si compra...),

- i tirocini che gli aspiranti istruttori fanno presso le piscine sono diffusamente una farsa,

- so ancor meglio che nulla come l'esperienza e la buona volontà fanno di un comune mortale un istruttore di nuoto.

Non sarà molto ma è un sapere di qualità!

Tanto per dire: sono anche capitato in piscine dove esponevano orgogliosi (credo) il logo Scuola Federale FIN autorizzata all'insegnamento di qualunque disciplina acquatica (nuoto, sincro, tuffi...) dove a mala pena la struttura poteva permettersi di ospitare un corso di acqua gym... questo a proposito della credibilità di marchi e titoli.

Per quanto ho visto, in giro, e non ho visto poco ormai, piuttosto che continuare così tanto vale lasciar stare. Chi fa l'istruttore oggi? Lasciando da parte le generazioni passate che ancora si trovano a bordo vasca e che hanno dei backgrournd tra i più variegati e pittoreschi, alla faccia di ogni SIT, oggi compaiono per lo più dei giovani con livello culturale medio alto, diplomati, laureati e laureandi. Questi ultimi non hanno bisogno d'altro che delle linee guida e delle dritte su cosa e dove cercare le informazioni che gli servono. Fanno volentieri e meglio a meno di spendere tempo e soldi dietro a un sistema formativo che a oggi non ha dimostrato nulla di imperdibile... fino a prova contraria... e sono anni che la cerco.

Chiaramente, non si può destrutturare del tutto una funzione come il SIT e sostituirla con l'anarchia, ma una valida alternativa, più leggera e meno dispendiosa per tutti non è difficile da immaginare.
Potrebbe esserci un ente di certificazione che verifica che il soggetto volenteroso non sia manifestamente incapace di intendere e di volere e che sappia nuotare i quattro stili da agonista e non come se ne vedono... La teoria può benissimo stare su una piattaforma condivisa (web) dove ciascuno attinge, scambia e propone... fermo restando che estistono fior di manuali in giro per il mondo... e che per il livello "istruttore" non c'è davvero nulla da inventare. Nè più nè meno.

Possiamo girare in tondo quanto vogliamo ma nessuno è in grado di dimostrare che per iniziare a fare l'istruttore di nuoto serva più di questo: saper nuotare, saper leggere, volerlo fare, farlo.

La cosa più vergognosa oggi, a mio avviso, riguardo agli struttori FIN, le scuole FIN e la FIN stessa è che in tutto questo finto obbligo di certificazioni autoreferenziali FIN non costringa le scuole con il proprio marchio ad un trattamento economico adeguato verso i propri diplomati istruttori. Un evidente conflitto di interessi da parte della federazione che prendendo soldi da entrambe le parti si astiene dal mettere becco. Un motivo in più per ritenere inutile e degradante un certo pezzo di carta e un certo marchio.