sabato 13 ottobre 2012

Testa di Ca...mpione

Non sono tanti i grandi campioni dello sport, ma di contro non sono pochi quelli che a un certo punto saltano fuori con un auting di qualche tipo o che vengono colti in flagranza di qualcosa. Se va da sè che una certa percentuale di disagio resti nell'ombra senza mai dichiararsi al grande pubblico, ne consegue che la tara mentale del sociopatico sia quasi il simbolo di appartenza a certi club super esclusivi.

Sta per uscire l'inutile (visto che ha già detto tutto in anteprima) biografia di Thorpe e si riaccende il tema del disagio esistenziale dei grandi campioni. Intorno a questo fenomeno non vedo nessun mistero e ho talmente poco rispetto di psicologi e psico-trainer che la verità ve la dico subito: lo sport non fa male alla testa, la fama nemmeno e così anche le pressioni a cui questi fenomeni si sottopongono durante la carriera. Essere disadattati è forse una condizione fondamentale per poter diventare dei grandi campioni nel mondo di oggi. Ian voleva uccidersi e per caso non lo ha fatto, beveva molto, viveva in un limbo incomprensibile, come tutte le star, e il momento sbagliato poteva capitare davvero. Se non fosse stato nessuno, lui come altri, forse si sarebbe fatto fuori sul serio.

Voglio scacciare quell'istinto diffuso di compassione piagnucolante nei confronti di chi è stato dio vivente. Lo scrivo ancora, tanto per essere più chiaro: "dio vivente". Non lo dico per cattiveria ma per incondizionato rispetto nei confronti di queste persone e dello sport.
Solo un deficente potrebbe pensare che esistano delle vite dai tratti solo rosei. L'attraversare un periodo a sbevazzare un po' di più e a pensare che forse sia meglio farla finita capita quasi a tutti nel corso della vita. Spesso durante l'adolescenza, che una volta superata, si lascia guardare a ritroso con estrema dolcezza anche nelle sue fasi più nere.
Distinguiamo queste anime piangenti a seconda di come comunicano durante i loro periodi di crisi: ci sono quelli che non ci pensano minimamente sopra, tanta è la sfiga che sbadilano fin dalla nascita, ci sono quelli che cercano aiuto e ci sono quelli che vorrebbero chiedere aiuto ma sono imprigionati nella propria inviolabile prigione mentale dorata. Tra questi ultimi spesso ci sono atleti più forti.

I sofferenti della prima specie, quelli che la sfiga li domina totalmente e vivono ogni crisi in modo totalmente passivo non saranno mai dei grandissimi, c'è poco da fare e anche poco da discutere. Potrebbero avere dei talenti enormi ma non riuscirebbero mai ad usarli al massimo.
I sofferenti della seconda specie, avendo la "forza" (della paura?) di chiedere aiuto si espongono al rischio altissimo della contaminazione e dell'imbastardimento dei propri scopi, dei propri ideali e delle proprie motivazioni. L'equilibrio delicatissimo ed esplosivo che governa il caos adolescenziale di un atleta di alto livello è praticamente spacciato. Un vero "elite" non chiede mai aiuto su certe cose, non viene mai allo scoperto, l'istinto lo protegge da certi errori, può capitare che chieda aiuto su qualcosa di non troppa importanza per lui, ma non farebbe vedere mai a nessuno i suoi punti deboli. Chi ti aiuta ti cambia... ci va un forte istinto per resistere a tutte queste mani che si tendono.
I sofferenti della terza specie, infatti, vincono da soli o soccombono. Certi pregi e difetti hanno la stessa natura, sono la stessa cosa ma si applicano a situazioni differenti. Quello che rappresenta forza, solidità e determinazione di un atleta emerge anche quando deve proteggere i propri segreti, i propri imbarazzi e soprattutto quello che da lui viene visto come una debolezza. Sarebbe più facile violare i forzieri della banca d'Italia.
L'atleta di solito non ha impara che vincere o perdere hanno senso solo in gara e che la vita ha un regolamento un po' meno chiaro e definitivo... Un Ian Thorpe che pensa al suicidio è lo stesso che pensa a vincere in vasca, ed è lo stesso che si riduce a sentirsi una foca ammaestrata pur di non mostrarsi perdente. Lo stesso Phelps diceva di vincere perchè non sopportava la sconfitta. Chi può dire se l'ostinazione cieca dello sportivo non sia un grande difetto in un uomo normale e se i peggiori difetti dell'uomo non diventino pregi quando sono al servizio di uno scopo estremo come quello di diventare il più forte di ogni tempo? La nostra cultura tende a cancellare ogni estremismo e a de-radicalizzare gli atteggiamenti, lo sport è necessariamente altrove!Nello sport avviene il contrario di quanto viviamo e insegnamo nella cosiddetta società civile, come si fa a non essere dei disadattati?

Nell'atleta si sommano alcune condizioni normali ad altre eccezionali e questo genera un po' di confusione. Loro stessi non ci capiscono un granchè e quando poi si sentono abbastanza al sicuro, tanto da poterlo raccontare al mondo intero, esibiscono i loro travagli infantili come fossero gli stessi trofei per i quali sono stati adorati. Non caschiamoci, e non ci caschino loro per primi. Quando al re fa male il culo, non gli fa più male che al contadino...
Un altro campione della 'autobiografia piangente è stato il tennista Agassi. Sembra assurdo che un atleta tanto enorme si sia sentito in dovere di raccontarci le sue sofferenze, scusate il cinismo, quasi stesse parlando di un bimbo afgano che ha perduto le gambe su una mina: il papà lo costringeva a giocare e lui non voleva, lui odiava il tennis... poverino, a giocare lo costringeva il cattivo papà, quel cattivone. Gli ha proprio rovinato l'esistenza quel bastardo!

Dico da sempre: stiamo vicino agli atleti perchè sono persone meno autosufficienti e più immature dei loro coetanei. Va di moda pensare l'incontrario ma è un falso clamoroso. Si sono astratti per molti anni e hanno affidato tante scelte e tanta vita in mano ad altri. Non lo sottovalutiamo. A parte la loro immensità, sono poveri cristi come tutti noi.

Ma tu guarda! capitolo 2

E' stato pubblicato il continuo della cosiddetta inchiesta e, anzichè mettere a segno un bel colpo per l'informazione, i giornalisti svelano meglio la loro natura di servi dal grilletto facile. In fretta e furia buttano giù dei dati dei quali non si capisce un bel niente e che il ragioniere di Barelli riuscirebbe a confutare anche in stato di ebbrezza. Peccato, per la fregola di pubblicare entro la data delle elezioni FIN hanno sprecato un'occasione d'oro. L'unica evidenza è che c'è un giro di soldi enorme che in nessun modo può essere giustificato col livello di servizio e di risultati offerti. Di certo è un gran magna magna ma senza i dettagli...

Da quei gran somari di repubblica.it:

Dal tennis alle piscine
Ombre e misteri nei bilanci

Rappresentano due tra gli sport olimpici più importanti. Nei loro conti diverse incongruenze. Gli incastri societari e la gestione "familiare" della Fit. Spese generali decisamente esagerate e piuttosto vaghe alla Fin

Nello sport italiano i soldi pubblici vengono spesi male e in modo poco trasparente dalle federazioni di ogni dimensione. Da quelle con pochi iscritti come il pentathlon, alle più grandi come Figc, Federtennis e Federnuoto.

Tennis. La federazione è un affare di famiglia. Supertennis costa 4 milioni di euro l’ anno. Anche in casa Fit i bilanci sono introvabili. Sul sito c’è solo uno stralcio di bilancio del 2010, comparato a quello del 2002, anno economicamente nero del tennis italiano. La Fit riceve oltre 6,2 milioni di contributi pubblici (un quinto delle entrate totali) di cui circa 5,9 dal Coni, più che raddoppiati in dieci anni e che aumentano all’ aumentare dei tesserati. Secondo le nuove norme si possono tesserare tutti gli iscritti ai circoli affiliati, anche senza che giochino a tennis. Dei 28,7 milioni di spesa, ben 5 se ne vanno in personale e strutture, mentre quasi 2 sono "spese generali". E si scopre che la federazione ha tre società partecipate, con 78 dipendenti: la Fit Servizi srl, la Mario Belardinelli ssd e la Sportcast. La prima, che gestisce e amministra le finanze della Fit, ha come socio la Lega italiana tennis e Marco Perciballi, consulente della società e della Fit. La Mario Belardinelli, che organizza i centri estivi della Fit e offre consulenze, è partecipata dalla Fit servizi, dalla Lega tennis e dalla International lawn tennis club Italia. Dal 2008 al 2010 ha ricevuto dalla Fit circa 2,7 milioni. Altri 4 all’ anno invece vanno alla Sportcast, editore di SuperTennis tv. Il presidente è Carlo Ignazio Fantola, anche vicepresidente del gruppo editoriale Unione Sarda, nonché zio del presidente Fit Angelo Binaghi, rieletto per la quarta volta. La Fit ha indicato come consigliere delegato la QA srl, della famiglia Baccini, che già si occupa della comunicazione della Fit (promozione e comunicazione costano 3,2 milioni). Giancarlo Baccini è anche direttore della tv. Su tutto questo è aperta una interrogazione parlamentare al ministro Gnudi. Ombra completa su tutto il resto, a partire dalle spese sostenute per organizzare gli Internazionali Bnl. Sono noti i ricavi, 15-17 milioni, ma l’ utile si riduce a poco più di un milione di euro. Sul dettaglio dei costi mistero assoluto. Non è un mistero invece che l’ ex tennista azzurro Gianluca Rinaldini - paraplegico a 26 anni per un incidente stradale-nel 2004 ha perso tutti i suoi incarichi nel mondo del tennis: aveva votato l’ avversario di Binaghi. Vincitore.

Nuoto. Tante spese "generali" e "varie". Trecentonovantamila euro in opuscoli. La Federnuoto, dopo la Figc, è la federazione più finanziata dal Coni. Nel 2011 ha ricevuto 10,5 milioni (4% del totale), 646mila in più del 2010, di cui 608mila per gli atleti del Club Olimpico, sottraendo 228mila al funzionamento e all’ attività sportiva. Molte risorse vanno all’ attività di alto livello (197mila euro in più) e ai dipendenti, con 57mila euro di contributi in più. A discapito delle strutture, per la cui gestione i fondi restano a quota 1,8 milioni. Dei 36 milioni spesi per l’ attività sportiva ben 5,5 sono assorbiti dai costi generali e per il funzionamento, 4 milioni (1,2 milioni più del 2010) partono per il personale (80 dipendenti tra Coni e Fin nel 2011, 18 in più del 2010) e i collaboratori a livello centrale e 1,4 milioni per l’organizzazione territoriale. E poi c’è l’ asso dei "costi generali", che assorbono 2 milioni. Lievita la spesa per il funzionamento delle commissioni tecniche che passa da 16mila euro a 91mila euro. Altri 250mila euro sono stati spesi come ulteriore finanziamento al Comitato organizzatore dei mondiali 2009, un buco nero ancora aperto. E poi ci sono i 390 mila euro di opuscoli e materiale di propaganda. Nella sezione gestione impianti sportivi su un totale di 8,3 milioni, ben 3,2 vanno sotto "altre spese", senza dettagli. "Vari" e "generali" sono parole ricorrenti, un limbo di spese oscure e incontrollabili. E rischiano di diventare incontrollabili anche i debiti delle società affiliate. Giorgio Quadri, in corsa per le elezioni del 14 ottobre, ha inoltrato al ministero del turismo e dello sport un esposto proprio su questo tema. Le norme federali prevedono che le società possano riaffiliarsi e avere diritto di voto solo dopo aver saldato i debiti con la Fin. Quadri accusa che "alcuni comitati regionali, in spregio alle norme vigenti, accettano a garanzia dei debiti anche titoli di credito o effettuano rateazioni". In pratica dei "pagherò" che, in caso di insolvenza, diventano debiti inesigibili. Tutto sulla fiducia. Nei soldi pubblici.

giovedì 11 ottobre 2012

Ma tu guarda!

Riporto così com'è dal sito di repubblica.it un articolo denso di ovvie banalità che la contrapposizione politica, non più pacifica, consente di pubblicare. Il costo degli "apparati" è superiore a quanto si spenda per lo sport... ma chi lo avrebbe mai detto? Ci sono più soldi per dirigenti e coglioni vari che non per atleti e tecnici, ma dai? 

Arriverà mai il momento della verità per lo sport nostrano? Per adesso godiamoci gli stracci che volano e, personalmente, la consapevolezza di non aver mai dubitato che fossero tutti, o quasi, meno che porci. Questa è solo la prima puntata e non vedo l'ora di gustarmi la parte su FIN, voi dite che repubblica permetterà al senatore PDL di scopare sotto il tappeto? Secondo me repubblica è un prodotto da spazzatura, ma visto il tempismo dell'uscita di questa "inchiesta" confido che non facciano sconti al nemico e ce la raccontino per bene. Ricordo a chi non avesse seguito i fatti che pochi giorni fa Barelli ha insultato il giornalista Zunino di repubblica per aver pubblicato un articolaccio sulla faccenda dei pasti al centro federale di Ostia. Ringraziamo il cielo, che almeno quando vengono punti sul vivo questi giornalisti servi del potere si sprecano per buttare giù due righe. Ah già, grazie anche a Barelli... che è diplomatico come bin laden:)

 

La burocrazia sportiva divora soldi di Stato
A pagare il conto sono i giovani e gli atleti

Il Coni percepisce dal ministero del Tesoro più di 400 milioni, ma solo la metà è destinata alle attività sul campo. Il resto serve a far funzionare la macchina: rimborsi spese, dirigenze e rappresentanza. Nella suddivisione il calcio la fa da padrone, ricevendo il 30 per cento dei contributi federali destinati ai settori non professionistici. Il caso della Federazione italiana di Pentathlon moderno (FIPM) che non ha mai pubblicato né il bilancio né il nuovo statuto

ROMA - La spending review tocca anche lo sport. Tocca anche il Coni e le federazioni che dal Coni ricevono le risorse economiche. Ma attenzione, a stringere la cinghia non sono i passeggeri saliti sul carrozzone della dirigenza, composta per lo più da personaggi che poco hanno a che fare con lo sport. Quelli che alle Olimpiadi erano in prima fila durante la cerimonia di apertura, davanti agli atleti. L'Italia è stata l'unica delegazione, su 204, in cui le teste bianche si sono piazzate in bella vista, prendendosi la ribalta e gli onori. Un'immagine emblematica, e piuttosto imbarazzante, che ben rappresenta le priorità del sistema Sport in Italia: prima la politica, poi tutto il resto. Abbiamo cercato di capire quanti dei fondi che il Coni, ente pubblico, riceve dallo Stato e distribuisce alle federazioni (che invece hanno natura privata) vengano veramente utilizzati per l'attività sportiva, specialmente  di base, e quanti vengano invece spesi o sprecati nel funzionamento del sistema. Nella maggior parte dei casi abbiamo avuto enormi problemi a reperire i bilanci, sebbene il Coni, che li approva, obblighi le federazioni a renderli pubblici, anche perché le federazioni svolgono in parte attività di natura pubblicistica, come organi del Comitato olimpico italiano. Il Coni, che per il 2012 può contare su risorse per 428 milioni (di cui 408,9 provenienti dal ministero del Tesoro) per il 2011 ha versato alle federazioni, alle discipline associate, a enti di promozione sportiva e alle forze armate circa 294 milioni di euro e 246 milioni nel 2012. Il resto serve per far funzionare il Coni stesso (rimborsi spese, utenze...). Per il personale 58,5 milioni nel 2011 e 58,3 nel 2012. Solo 5 milioni vengono destinati al "progetto di alfabetizzazione motoria" nelle scuole primarie insieme al Ministero dell'istruzione. Un investimento che evidentemente non può bastare a realizzare una vera promozione sportiva, a creare non necessariamente dei giovani e precoci atleti specializzati, ma a diffondere una cultura dello sport in famiglia, a scuola, nella società. Ma sembra quasi che al Coni e alle federazioni questo aspetto non interessi, così oggi in Italia solo la metà dei bambini pratica sport al massimo due volte a settimana e il 23 per cento dei giovani tra i 6 e gli 11 anni ha problemi di obesità. Così un terzo degli italiani non fa sport, un terzo lo fa al massimo fino a tre volte a settimana (ma anche una sola) e  soltanto un terzo lo fa assiduamente. Così si è tagliato sulla formazione dei tecnici, quelli veri, non quelli che in una manciata di ore prendono la qualifica di istruttore. Quelli che una volta si chiamavano Maestri dello Sport, usciti dalla Scuola centrale dello Sport, chiusa nel 1975 perché troppo oneroso l'impegno di dover assumere poi i diplomati come dirigenti, in posti "politicamente" utili da riservare magari a persone che con lo sport non c'entrano nulla.

Calcio. Ai giovani solo le briciole. E la Lega nazionale dilettanti è assopigliatutto. La Federcalcio ha ricevuto dal Coni 62,5 milioni di euro nel 2012, nel 2011 ne sono stati messi a bilancio 78,5 milioni, il 30 per cento circa dei fondi federali destinati ai settori non professionistici. Il settore giovanile dal 2007, dopo il commissariamento, è stato ridimensionato e l'attività regionale di tesseramento e organizzazione del calendario delle gare giovanili e scolastiche sono state affidate alla Lega nazionale dilettanti (Lnd), che si occupa di seconda e terza categoria, quelle che negli altri paesi si chiamano "amatori". I comitati regionali del settore giovanile e scolastico della Figc ricevevano circa 6,5 milioni di euro l'anno, quota oggi scesa a poco meno di 2 milioni di euro: la differenza, 4,5 milioni, arriva nelle casse della Lnd. Un'operazione quella di tesseramento che avviene online proprio nell'ottica di riduzione dei costi. Come mai allora il cartellino oggi costa 1,5 euro in più rispetto a quello fatto da una persona fisica? Una piccola cifra che moltiplicata per 740mila piccoli iscritti rende circa un milione di euro in più. Non solo, il presidente della Lnd Carlo Tavecchio ha ben pensato, in un momento in cui le aziende licenziano o falliscono, di fare nuove assunzioni di dipendenti, con i soldi che secondo lo statuto dovrebbero andare all'attività giovanile, oltre a elargire ai 20 presidenti "volontari" dei comitati regionali diarie/rimborsi spese (quindi esentasse) per 2-3.000 euro mensili. E lo dice fiero: "Siamo riusciti ad entrare nel pacchetto di mutualità dei diritti televisivi che ci permetterà di assumere più di cento dipendenti e costruire più di venti campi. Due aspetti fondamentali per la crescita della Lnd sia per puntellare la base sia per varare dei nuovi centri federali". In pratica con i 18 milioni che per regolamento sarebbero dovuti andare alla Figc e essere reimpiegati per il settore giovanile, la Lnd assume 104 dipendenti nelle delegazioni provinciali (8 milioni), del tutto inutili per i giovani calciatori, e realizza venti campi da calcio in erba sintetica (10 milioni, 500mila euro a campo). Un business gestito in modo monopolistico dal trittico Limonta (che produce l'erba artificiale) - Labosport (il laboratorio che analizza il manto) e Lnd servizi (che rilascia l'omologazione) col benestare di Tavecchi, amico di famiglia dei Limonta. Per omologare il campo in erba sintetica la procedura prevede un versamento di 4.800 euro alla Lnd servizi, un balzello che ricade, in teoria sui Comuni, di fatto sulle società. Campi realizzati in materiale plastico non biodegradabile e con controversi effetti sulla salute dei calciatori stessi.

Pentathlon sott'accusa: si risparmia sugli atleti per mantenere la dirigenza. La Federazione italiana di pentathlon moderno (FIPM) non ha mai pubblicato né il bilancio né il nuovo statuto (modificato da quasi un anno e inviato solo in questi giorni al Coni per l'approvazione). Nessuna delle società li ha mai richiesti, a parte l'Athlion. Buona parte di queste società sono infatti società fantasma, create ad hoc dalla federazione stessa per assicurare i voti all'attuale presidente, Lucio Felicita, in carica dal 1996. Quell'anno infatti lo statuto venne modificato per concedere diritto di voto a ogni società con almeno un atleta che avesse partecipato almeno a una gara. Dal bilancio che siamo riusciti a trovare, la federazione nel 2011 ha ricevuto 2,9 milioni di euro dal Coni, di cui ne ha spesi 2,3. "In Italia ci sono circa 140 società per un totale di 300 tesserati. Assurdo. Decine di queste società sono di Pesaro, la città di Felicita" dice Gianni Caldarone, tecnico Fipm ed ex azzurro. "E proprio a Pesaro dovrebbe sorgere il futuro "centro di pentathlon moderno" con una piscina da 25 metri senza tribune, con una sala scherma con solo 4 pedane che diventa anche palestra di tiro. Peccato che la sala sia al secondo piano dell'edificio, quindi è impossibile fare la prova di combined (corsa e tiro). Mancano la foresteria, il campo da equitazione e un percorso intorno per la corsa, in compenso ci sono il centro estetico e il ristorante. L'impianto sarà gestito da una società sportiva, sicuramente una delle 14 riconducibili al presidente". Solo il progetto è costato 230mila euro, spesa finita nel 2008 e 2009 sotto la voce "incarichi studio e ricerca" (143mila euro), nel 2010 e 2011 sotto la voce "immobilizzazioni" (106mila euro). La spesa preventivata è di 7 milioni, ma il mutuo richiesto al credito sportivo è di 7,5 milioni. Tanto per fare cifra tonda. "La federazione per finanziare questo progetto risparmia sugli atleti e gli impianti" continua Caldarone. "Ci sono 307mila euro per le trasferte e i soggiorni quando gli atleti della nazionale viaggiano in pulmino di notte per risparmiare sull'aereo; 27mila euro di diarie, quando al massimo solo le 9 promesse olimpiche ricevono 200 euro al mese di rimborso spese dietro pressioni dell'Assipenta, 332mila euro di "prestazioni", ossia i compensi per gli istruttori di nuoto che guadagnano solo 8 euro lorde l'ora, senza contratto. In stage e allenamenti vengono spesi 71mila euro, peccato che si faccia tutto a costo zero nel centro di Roma". Poi ci sono 2.486 euro di corsi mai organizzati, 34mila euro di spese per posta e telefono, una bella bolletta per 16 dipendenti. Solo di gettoni di presenza  del consiglio federale sono stati spesi 37mila euro, oltre 20mila euro di buoni pasto, non per gli atleti. La cosa clamorosa poi è l'"acquisto materiali sportivi" quando agli atleti nazionali in quattro anni è stato dato poco o nulla in tal senso. "Il centro federale di Montelibretti è completamente lasciato a se stesso eppure assorbe 534mila euro di manutenzione ordinaria" dice il tecnico, "non è stato neanche riparato il lampione abbattuto nel 2008 dal temporale e che però ha fatto lievitare la spesa di manutenzione da 300mila euro del 2007 a 607mila del 2008. E non si è lesinato sul cambio delle autovetture di "servizio" e sulle spese di "rappresentanza"". E che dire degli spiccioli? Le "altre spese" sfiorano quota 100mila euro. Però il presidente Felicita non percepisce neanche un euro. O almeno nel bilancio non figura.
(1 - Continua)

 

mercoledì 10 ottobre 2012

Il tecnico, cos'è e cosa dovrebbe essere

Mettiamo tutti insieme, istruttori e allenatori. Teoricamente una sola differenza separa le due figure: una insegna a nuotare e l'altra costruisce la prestazione. Nei fatti, chi impara a nuotare si scontra con la necessità di fornire una prestazione che gli permetta almeno di andare su e giù per la vasca in modo produttivo, mentre chi passa all'agonismo deve confrontarsi col fatto che il nuoto da prestazione è un'attività tecnicamente diversa da quello di scuola nuoto. Lasciando stare il fatto che la tecnica agonistica è più dettagliata e spesso completamente differente da quella dei corsi, vale da solo il fatto che a parità di gesto nuotare forte o piano rappresenta deu esperienze tecniche differenti. 
Tanto per puntualizzare: un istruttore è anche un tipo di allenatore e un allenatore è sicuramente anche un istruttore. Per puntualizzare ancora di più: un allenatore non è uno che tira fuori la prestazione dal corpo dell'atleta (suo malgrado)  ma è uno che insegna all'atleta come farlo.

Nuotare è sicuramente un atto innaturale, molti tra i grandi campioni del nuoto possono testimoniare come avrebbero preferito essere altrove, piuttosto che in vasca, agli inizi della carriera. Difficoltà di ogni tipo, paure, allergie, freddo e fatica sono nei ricordi di quasi tutti. Se sappiamo che mettere in acqua Michael Phelps, con due sorelle nuotatrici molto forti, giornate intere passate in piscina a guardarle e lui dotato di un incommensurabile talento, non è stato uno scherzo, dobbiamo ammettere che quello del tecnico del nuoto non sia un mestiere tra i più facili. 
Quello del tecnico è decisamente un lavoro difficile e qui, pesantemente, casca l'asino, aggiungerei anche il porco e il cane! 

Per completezza e onestà dobbiamo dire che qualuque professione dove si insegna qualcosa rappresenta un lavoro difficile, in ogni campo esistono difficoltà diverse, ma trasmettere abilità e conoscenza non è mai un fatto da dare per scontato. 

Per insegnare, in primo luogo, scusate se lo puntualizzo ma ha la sua importanza, serve qualcuno che voglia imparare.Questo è chiaramente imprescindibile e scontato, ma è altrettanto sottovalutato. Non esistono risposte per chi non ha domande. Per insegnare in modo effettivo o efficace è necessario che l'insegnante risponda e corrisponda alle domande poste, spesso implicitamente, dall'allievo. 
Il grande Bob Bowman dice che la prima cosa che ricerca in un atleta sono le sue motivazioni perchè finchè non le avrà comprese non saprà cosa insegnargli. 
Al caro Bob la vita di allenatore viene abbastanza facile, lui risponde automaticamente e in prima istanza alla prima e fondamentale domanda di ogni allievo e lo fa in modo molto solido. Un allievo chiede innanzitutto: "Tu sei un maestro?"

Maestro, come mamma , papà, nazione... sono parole magiche, sono quei luoghi dell'anima dove si corre quando le cose sembrano prive di senso e si sente il bisogno di comprenderne le origini. Sono parole pesanti come macigni. Mangiare, vestirsi, riprodursi, conoscere, cibo, protezione, società, maestro: la vita in sintesi.
 Ogni allievo sogna un maestro, un vero maestro. L'allievo di Bob Bowman trova un monumento: pluridecorato, strapagato, con posizione sociale da leader affermato, la cui competenza ed efficiacia non può essere minimamente messa in discussione. 
Molti altri non hanno le sue medaglie, non prendono i suoi stessi soldi e non sono venerati come guru, ciò nonostante, la loro competenza, che non può essere paragonata a quella di Bowman non è a rischio di essere del tutto sottovalutata. Perchè? 
Perchè anche se non hanno vinto le olimpiadi hanno un CV di atleta, allenatore e ricercatore che in modo molto trasparente, diciamo pubblico, chiarisce che non sono cascati dal pero. Perchè anche se non sono strapagati, sono pagati il giusto, per quello che deve esserlo una persona di responsabilità e fiducia (l'aria del pezzente a cui sono costretti molti dei nostri tecnici non depone a favore della loro credibilità). Perchè anche senza essere dei guru vivono in un contesto dove il COACH è una figura apprezzata e rispettata perchè gli si riconosce l'importanza fondamentale nell'educazione e nella crescita sociale dei giovani.

Il sistema carogna messo in piedi dalla FIN che prevede di obbligare i tecnici a spender soldi per comprare i suoi diplomini per poi essere costretti a lavorare in strutture dove, davanti agli occhi di tutti, non hanno nessun diritto ascrivibile alle moderne conquiste del mondo lavoro, mina alla base ogni possibilità di metodo o sistema di insegnamento e lo fa nel peggiore dei modi. 

Non serve nemmeno entrare nel merito delle competenze tecniche, l'immagine del tecnico è quella del disagiato, di chi è sotto ricatto, di chi ha un forte bisogno e pochissime alternative. FIN ha creato questo immondezzaio umano e professionale (mi scuso con chi dovesse sentirsi offeso ma lo sono io in  prima persona perchè è troppa la distanza tra il rispetto dovuto alla figura del maestro e la realtà). L'allievo si rende conto che il maestro non ha sufficienti risposte manco per se stesso... e così va a farsi benedire ogni buon proposito. Qua si spreca a piene mani perchè il maestro non è un modello presentabile. Invece dovrebbe esserlo in primo luogo. Lo sport è sacrificio che premia... e a te, caro allenatore, che premio ha dato? Una vita da precario e l'impossibilità di pianificare un'esistenza? No grazie!

Ci saranno sempre, ci sono, delle eccezioni tra maestri e allievi che riescono a vincere la risacca, siamo tantissimi, milioni, e grazie a queste eccezioni nascondiamo la verità di un sistema didattico marcio alle fondamenta che vende mediocrità spacciandola per eccellenza (su gentile concessione di crozza/celeste).

Di cosa c'è bisogno: società che possano permettersi di pagare uno stipendio decente ai tecnici e un campionato che dia una visibilità continua e contestualizzata all'attività delle squadre.

Come fare: smetterla di pagare FIN per nulla e aderire al progetto di campionato a squadre che sarà presentato su questo blog tra breve.


martedì 9 ottobre 2012

FIN, perchè migliorare vuol dire peggiorare

Devo premettere, per chi non lo sapesse, che chi scrive non ha interessi diversi dalla passione sportiva nel campo del nuoto. Sono dispiaciuto di tanto sciacallaggio e ignoranza che non permettono a uno sport praticato da milioni di persone di organizzarsi per il meglio. Gli interessi personali vengono anteposti, in maniera incredibilmente visibile, alle necessità di un movimento intero. La cosiddetta pace sociale è mantenuta tale da una elargizione di briciole, speranze e ricatti di bassa lega. Il nuoto è un mondo dove esistono interessi contrapposti e molteplici che sarebbe logico e quasi naturale che fossero rappresentati da soggetti diversi. 

Avete presente la contrapposizione (solo formale ahi noi) di sindacato dei lavoratori, sindacato degli imprenditori e pubblica amministrazione? Nel nuoto esiste solo FIN. Una sciocchezza talemente evidente che ogni giorno in più che questa federazione esercita la qualità di referente unico di qualunque interesse del mondo del nuoto è un insulto sempre più grande alla civiltà. Nulla di meno. 

Tutti allo stesso tavolo, come dei deficienti o dei complici, per generare risultati da terzo mondo. Come fai ad avere atleti, allenatori, società, enti di gestione, enti certificatori, formatori... tutti sotto lo stesso tetto? Non ha alcun senso e mai lo avrà. Nessuno mai risolverà il problema enorme dello sfruttamento illegale del lavoro di allenatori e istruttori, nessuno mai si potrà curare delle esigenze degli atleti, non ci sarà mai nulla da eccepire in merito alle didattiche e così via. Attenzione però, avanti per questa strada non c'è un collasso, un baratro, una tragedia, nulla di tanto evidente, si trovano solo, sempre che non ci siamo già arrivati, la sterilità e l'impotenza. Una lieta paralisi dove chi ha potuto prendere una forchetta in mano se la tiene e gli altri non esistono. Un organismo che punta da tutte le parti ma non si muove in alcuna direzione. Non esattamente il meglio!

Vado al punto. Migliorare FIN è davvero un attimo. Ci metto un bimbo di dieci anni, gli spiego la situazione, e combina molte cose migliori e positive rispetto alla condizione attuale. Cosa succede però se un interdetto a caso dovesse prendere il controllo di FIN e migliorarla? Succederebbe che non si cancellerebbero i conflitti che non permettono al NUOTO di essere un organismo, un sistema, un qualcosa che abbia senso... e allo stesso tempo si rafforzerebbero quei rapporti, quei ricatti, quelle speranze che permettono che il mostro sopravviva tale e quale. 

C'è un solo scenario alternativo a barelli e si chiama Quadri, è senz'altro migliore di chi lo precede ed ha anche più di dieci anni, ma è proprio il tipo di opportunità che dovesse mai verificarsi, vincendo e migliorando, andrebbe a consolidare e rendere più inconfutabili le contraddizioni di fondo della federazione. E' meglio non allontanare la possibilità di una presa di coscienza collettiva, dalla quale oggi siamo davvero a un passo. 

E' meglio che barelli vinca ancora. FIN non è da migliorare ma da smantellare. 

Una federazione emanata e finanziata dallo stato deve avere una funzione bella chiara e stop. Non centomila cose e interessi ovunque senza che se ne capisca nulla. Presto barelli avrà una tale concentrazione di cariche e interessi (gli agiungeranno ancora una vicepresidenza CONI) da sembrare un albero di natale. La sua poltrona sarà la seconda opera dell'uomo visibile dallo spazio e forse anche il mondo del nuoto inizierà ad avere prurito alle mani... Oggi il re è nudo. Non faccio il tifo perchè qualcuno gli metta le mutande, io voglio che vada in portogallo.

FIN è l'associazione delle società, teoricamente chiunque non sia una società dovrebbe toccarseli solo ad intravedere il logo, nella realtà e a causa di quanto detto sopra nemmeno le società, tutte quelle non imparentate e non clientelizzate, hanno da stare felici. Metteresti la volpe a guardia delle galline? E la volpe andrebbe a chiedere consiglio al cacciatore? Si è mai visto un cacciatore chiedere il permesso per entrare a sparare in un fondo recintato? ... ... ...

lunedì 8 ottobre 2012

La medicina per nuotare

Mi piace mangiare bene, quindi sano, anzi tradizionale, casalingo, della nonna e della mamma. Mi piace sapere dove sono state coltivate le olive dal quale è stato spremuto il mio olio, voglio sapere che cosa ha mangiato il maiale prima di immolarsi alla giusta causa dei prosciutti e delle salsicce e conosco il piacere di grandi insalate con ortaggi appena raccolti e caldi di terra e di sole. Nel mezzo secondo me non c'è molto, nel senso che ritengo molto difficile scendere a compromessi quando si tratta di mangiare. Quando non sono a casa e non ho sul radar fonti certificate di approvvigionamento, nel dubbio tra un bar, una trattoria oscura e un concreto mcdonald mi fiondo nell'ultimo, oppure digiuno. Esiste un rovescio buono, per così dire, della madaglia della globalizzazione alimentare: è dato dal fatto che hanno eliminato ogni qualità positiva del cibo, sapidità a parte, ma hanno standardizzato e limitato il livello di schifo. Cose tipo mcdonald limitano alcuni rischi, senza nulla aggiungere, chiaramente, ma si tratta pur sempre di ricoveri di emergenza.  

Essere Italiani, rispetto all'umanità generale, equivale a una mezza nobiltà. Piatti regionali e tradizionali famigliari che ovunque eccellono nella qualità dell'alimentazione. Il cibo è un settore nel quale siamo talmente superiori rispetto al resto del mondo che iniziamo a dare troppe cose per scontate generando due piani differenti di distorsione della nostra cultura alimentare: sul primo crediamo che esista un livello medio di qualità accettabile in tutto quello che troviamo in giro e che la grande distribuzione ci rovescia nel piatto per cui non ci curiamo più scegliere, criticare e ricercare gli alimenti migliori - sul secondo, ancor più grave se nasce dalle basi del primo, pensiamo di avere una base di alimentazione talmente sana da poterci permettere qualche momento, periodo o annetto di divagazione dalla retta via. 

Poi, su una nuvola che porta pioggia acida, ci sono gli atleti. Chi è quel maiale immondo che spacciandosi per allenatore e allevatore di giovani rende possibile il fatto che questa sia una normale stanza per un nostro nuotatore nazionale?


Sarebbe questo lo sport pulito? Sullo scaffale di fronte ci saranno almeno venti tipi differenti di prodotti chimici, i cosiddetti integratori... questo ragazzo dorme in una farmacia! Ma una cosa che deve integrare non dovrebbe comparire in misura un po' più modesta? Qua sembra che abbiano ribaltato il rapporto tra alimentazione e integrazione e vedano gli spaghetti come integratore al barattolone di proteine. Parliamoci molto chiaro: nessuno ha mezza idea di quali siano gli effetti collaterali a lungo termine di un uso tanto intensivo di tutte ste porcherie in barattolo. Non esiste straccio di report scientifico che non sia di parte, commissionato o sponsorizzato, dalle industrie del settore. Che queste porcherie siano legali non cambia nulla. Aggiungerei anche di far notare come lo storico delle abitudini umane ritenute innocue e rivelatesi nocive sia pericolosamente chilometrico... sostituire l'alimentazione normale di un atleta con dei barattoli puzza di guai. Atleti come cavie e sponsor involontari di venditori di merda in barattolo.
Non mi va di fare la morale e dire che la vittoria non si possa barattare con la salute perchè nulla cadrebbe più nel vuoto (manco vincono...), ma non riesco a non scorgere anche la bottiglia di jack daniels (a sinistra dopo la tv che trasmette cultura e il casco da genio)... quella cosa integra?


Forse è arrivato il momento di porre dei limiti all'integrazione alimentare, vietandola. Non importa come, ma se non è pensabile che uno sportivo possa nutrirsi di cibo, allora che ci stiamo a fare?

venerdì 5 ottobre 2012

...per il bene del nuoto

Michi è una categoria a se. Sta continuando a mietere prime pagine anche senza nuotare e senza fare troppi apparenti bagordi o sfilate di moda. Ha iniziato da pochissimo a giocare golf facendo subito spettacolo e stupendo tutti, forse anche se stesso, di sicuro non bowman che disse "non vedo l'ora  di vedere la fantastica mente di michael applicata al golf"... e guardate qua: http://www.telly.com/X6MEV?fromtwitvid=1

martedì 2 ottobre 2012

Fina World Cup 2012

Si ricomincia... e siamo soli. C'è un grande vuoto. Il golf ci ha privato del più grande di sempre e dobbiamo riempire questa buca in un modo o nell'altro, ma non con le palline. 

Tanti personaggi di alto livello che al suo cospetto appaiono come una magra consolazione. Ryan ce la sta mettendo tutta per farci rimpiangere il magnini dell'Isola e nessuno scommette sul fatto che Le Clos possa sopperire in almeno uno stile. Io sono con quelli che sostengono che Chad abbia vinto, e non che Michi abbia perso, ma la costanza e la consistenza sono tutte da dimostrare. Ciò non di meno Chad è li ai blocchi insieme a pochi altri, questa prima tappa nel deserto è poco frequentata, ma questo gli fa molto onore. Dopo tutto è lui che ha ricevuto ufficialmente, insieme col suo allenatore, il passaggio di consegne da Bob e Michael. E allora, sotto!
Tra gli altri cammellidi presenti annoveriamo Cseh, un po' di giovani australiani e giapponesi, umanità varia, Van der Bourg e l'inaspettato Ervin che si è davvero preso bene dopo anni di sex, drugs e rock 'n' roll... e questa è davvero una manna dal cielo per tutti noi perchè il ragazzo sa nuotare!

La formula del campionato è molto snella: tappe da due giorni con batterie e finali nello stesso giorno e tempi di iscrizione alle gare che permettono ai campioni di esibirsi in eventi inconsueti. La vasca è corta e ci sono pure le staffette con le frazioni da 50 e i 100 misti individuali. C'è tutto perchè sia un bello spettacolo, non da strapparsi i capelli, ma bello. Per fare il salto di qualità mancherebbero gli italiani e infatti non ci siamo...

Clicca qui per risultati per iscrizioni e risultati di tutto il torneo

Good Company, Bad Company (nota polemica)

FIN non è Alitalia, almeno dal punto di vista dei bilanci, quindi nessuno deve intervenire per salvarla. Dobbiamo però muoverci per salvare noi da lei. 

Non so se possa esserci qualcosa di più sbagliato del pretendere di avere il comando a vita di un ente di pubblica utilità. Queste persone così attaccate ai ruoli e alle sedie, non mi riesce davvero di pensarli mossi da altruismo e disinteresse. Per me e per tanti altri, crederli dei benefattori è un insulto all'intelligenza, peggiore di quello alla decenza che rinnovano ogni giorno in cui si protrae questo assurdo dominio. 

Devo ammettere che fino a quando non ho visto un presidente del consiglio carambolato dall'alto degli interessi bancari a tutela dei soldi dei potenti, avevo un po' messo in cantina, diciamo dai bei tempi della scuola superiore, ogni teoria sui complotti di oscuri centri di potere. Che bel momento, che bel regalo di amarcord che mi han fatto. Quest'anno è toccato di spolverare anche i più vecchi soprammobili.
Giusto o sbagliato che sia, meglio o peggio rispetto a prima, abbiamo assistito inermi e zitti, come cuccioli di gazzella in mezzo a una rissa tra leoni, al più grave sfregio che possa colpire una repubblica democratica. 

Digerita questa, siamo davvero pronti a tutto. Anche al mandato numero mille di Barelli e la sua disinteressata band. 

Sarà stata la tv, saranno le onde elettromagnetiche, il traffico, lo stress dei tempi moderni, ma viviamo in una condizione di perenne barzottismo: un vorrei ma posso alternato ad un potrei ma non voglio. 
Anche loro, i Barellidi, sono così, solo che vivono questa esperienza da una posizione diversa...

E così, amici barzotti, barzottamente, assistiamo anche alla più grave crisi di identità del nuoto nostrano: il nuoto crede di essere la FIN! 
Ed è molto più grave del fatto che FIN creda di essere il nuoto. FIN almeno ha le sue ragioni per evitare di essere se stessa!
Scherzi a parte, nuoto e FIN non sono, non possono e non devono essere la stessa cosa. E' come se un aereo fosse il cielo o se la diga fosse il fiume.
Scindiamo queste due entità incompatibili e riportiamo le cose al loro stato naturale. FIN è burocrazia, un filtro, una raccolta di cartacce, un luogo dove poggiare il culo. FIN è la tassa sul nuoto. La mano rugosa dello Stato onnivoro e ingordo. Le tante belle persone che lavorano sotto quel marchio non sono altro che scudi umani, spesso inconsapevoli. FIN usa il nuoto, non è il nuoto. FIN misura il bene del nuoto con l'unico parametro che riconosce: la propria salute. Se FIN cresce il nuoto sta bene, se i dirigenti di FIN stanno bene il nuoto sta benissimo, ma se le società, gli atleti, i genitori, cioè lo sport, il nuoto, lamentano qualche disagio non importa. FIN non riconosce nemmeno lo status di essere umano a un atleta che implora di cambiare società, processa qualche rigo di una bella norma e glielo sbatte in faccia insieme con la negazione della libertà.

E il nuoto invece cos'è? E' un atto nel quale l'uomo si cimenta da migliaia di anni insieme ad altri animali terrestri, molto prima che si aggiungessero anche quelli dei consigli di amministrazione. Le cose di cui ha bisogno per stare all'onore del mondo oggi sono due: sicurezza e igiene. Dopo che lo Stato ci ha garantito questo può anche smontare la bancarella e togliersi dai piedi. Grazie. La competizione sportiva e la sua organizzazione sono cose che devi permettere, promuovere e agevolare, possibilmente standone fuori. Con la scusa che quattro gatti andranno alle olimpiadi, non si possono mettere i bastoni tra le ruote a migliaia di persone.

Se c'è qualcuno in buona fede e con un minimo di buona volontà che sia in grado di elencare delle azioni di FIN a vantaggio dello sport del nuoto e non di se stessa, io lo ascolto volentieri. Ma i risultati parlano molto chiaro... e dio benedica l'acqua gym che fa quadrare i conti e gli americani che fanno buona pubblicità per tutti. 
Un amico mi ha recentemente fatto notare come si sia tragicamente ribaltato l'assioma andreottiano, per cui oggi possiamo senz'altro dire che "il potere logora chi ce l'ha". 
Alla luce di questo, non auguro a uomini di buona volontà di accedere ai posti di comando. Lasciamoci chi c'è. Mi spiace anche vedere questa finta lotta per l'avvicendamento alla presidenza con risultato scontato già scolpito su pietra e la proposta di nuovi programmi che, benchè migliorati, si distinguono per il solito strabismo di venere: si parla molto di regole, rapporti e danari e non si spende una parola su come si possa agevolare un salto di qualità, nel medio e lungo periodo, al nuoto italiano. FIN viene sempre prima di tutto... lasciamola stare. Si tengano la loro good company con gli appalti, i servizi, gli affari, i certificati e i bilanci revisionati e prendiamoci quello che non interessa più a nessuno, la vera bad company: lo sport. Non opporranno nessuna resistenza. Li si alleggerisce di un peso...

E' un pensare fuori dagli schemi che potrebbe portare a nulla oppure a stimolare la scoperta di alternative eretiche ma lecite e funzionali. Non appena avrò finito di introdurre i campi di intervento tra istruzione, allenamento, competizione... si entrerà più nel dettaglio per valutarne la reale fattibilità e l'impatto col mondo reale.
State all'erta, perchè come dice quel famoso proverbio sulla savana: se una mattina ti svegli e non sei un Barelli, è meglio che inizi a nuotare...

lunedì 1 ottobre 2012

Facciamo a meno di FIN 2° - Campionato

Mi viene spesso da pensare che quella del nuoto sia una causa persa, da molti anni si cerca una formula che possa attrarre pubblico senza far perdere, in continuazione, atleti lungo il cammino. E' come se concentrandosi verso i giovani si sottraessero risorse ai più grandi e viceversa. Col tempo è di fatto scomparsa la categoria Assoluti... si smette molto prima. I nuotatori italiani agonisti con più di venti anni sono facili da incontrare come la tigre del bengala. Una situazione davvero non promettente. 
Eppure qualcosa di estremamente positivo nei nuotatori, almeno all'inizio c'è. Dove troviamo tanto entusiasmo per uno sport di puro sacrificio quotidiano fin dall'infanzia? I nuotatori hanno un cuore sportivo tra i più grandi. Determinazione, costanza, abnegazione, ci siamo talmente abituati a vederli che non ci facciamo caso... ma che differenza c'è tra un piccolo nuotatore di dieci anni e un suo coscritto pallonaro? I nostri piccoli sono dei giganti. Allora, dov'è che li perdiamo? In che modo ce li giochiamo?

Devo ammetterlo, questi dirigenti sportivi del mondo nuotistico non mi entusiasmano per nulla, hanno la capacità di trasporto e di coinvolgimento di un boia, riuscirebbero ad ammazzare persino il calcio se vi si dedicassero. Le competenze poi, lasciamo stare, forse sanno tutto quello che serve per far stare a galla una persona, ma da li a creare, supportare ed espandere un circuito che deve essere spettacolo per chi lo segue e lavoro per chi ne fa parte, ne passa davvero. Sono talmente e palesemente inadeguati! L'opinione diffusa che non esistano nemmeno dei tentativi di rilancio della situazione non può essere del tutto infondata. 
Dobbiamo essere onesti però, non può essere colpa solo dei dirigenti. In forme e livelli diversi il nuoto incontra un mare di ostacoli in tutto il mondo. Il nuoto è un prodotto oggettivamente difficile da piazzare. Ha i suoi limiti. Bisogna scoprirli e raggirarli. Si deve ripensare un nuoto che non abbia le caratteristiche di autodistruzione che ha dimostrato fin qui.

Il nuoto è molto semplice, forse troppo, chi arriva primo vince e chi fa il tempo più basso in una qualunque gara è il più veloce anche se non si è confrontato con nessuno. Può succedere. Il vero riferimento per la qualità di una prestazione è sempre un record: nazionale, continentale, mondiale, olimpico, regionale... Una lotta quasi metafisica contro un avversario ideale. 

Nel nuoto si può arrivare primi e non essere affatto contenti perchè il tempo non è buono i rapporto a un qualche record e perchè le gare normalmente, tempi a parte, non contano nulla. Se mi metto nei panni di uno spettatore che vede un atleta vincere la gara  non esserne contento, credo che trovo anche molti buoni motivi per non tornare più e non voler pagare il biglietto.

Il nuoto è uno sport di prestazione in senso estremo. Il guidice è il cronometro come tanti altri sport, ma come in poche altre situazioni, il tempo con cui si vince è sempre più importante della vittoria stessa. Se il calcio avesse preso questa piega fin dal principio dove si sarebbe arenato? Pensate che bell'evento (palloso, manco a dirlo) trovarsi in un campo a vedere calciatori fare a gara a chi scaglia il pallone più lontano, a chi fa più palleggi, o a chi mette la palla più vicino all'incrocio dei pali. Che fallimento sarebbe stato? In realtà tutte queste qualità tecniche le hanno inserite all'interno di un confronto tra squadre che a loro volta forma un campionato... e campionati di campionati. 
Col nuoto è tutto un po' più difficile, ma sono convinto che il vero ostacolo sia il voler mantenere in purezza questa formula che ripropone all'infinito lo stesso tipo di confronto tra prestazione e record che non fa la felicità di nessuno... se non dei pochissimi che ogni tanto i record li riscrivono. 

Non cancelliamo tutto questo. E' bello, è epico, è sport allo stato puro, superare se stessi e superare la storia. W i record ma abbandoniamo gli assolutismi, che diventano sempre cattive abitudini, e affianchiamo alla meraviglia di questo sport qualcosa che abbia la capacità di divertire, coinvolgere, soddisfare e che sia anche da base per il lavoro di chi punta ai benedetti record. 
Duel in the pool, PanPacs, Fina World Cup, campionati scolastici e universitari americani sono degli esempi di successo di come si possa nel nuoto spostare l'obiettivo dalla prestazione pura verso un risultato di squadra senza creare danni... anzi.

Penso agli esordienti, siamo tutti coinvolti in attività di trofei e campionati regionali di cui si stenta a trovarne un beneficiario (FIN a parte). Il circuito piemontese, ad esempio, è talmente insulso che dallo scorso anno non esistono nemmeno più le premiazioni (vi risparmio le agghiaccianti, ipocrite e idiote motivazioni) fino a che non si arriva ai regionali di giugno. Un impegno di circa un dozzina di gare, senza nè capo nè coda dove si perde ogni volta tutto un giorno per pochi secondi gara, lungo tutta la stagione. I bambini sono assillati dai cronomentri senza avere nessuna forma di riconoscimento e senza nemmeno vedere i compagni che nuotano. 

Non prendiamoci in giro, i bambini fanno squadra da sè, finchè ci riescono, poi capiscono. I bambini li metti insieme gli dici che sono una squadra e sono contenti perchè loro si sentono una squadra, ma non c'è nulla di più di questo. Il nuoto italiano è estremamente individualistico: a nessuno interessa la staffetta quanto la propria prestazione individule e la stessa staffetta interessa realmente solo chi ne fa parte. Quando le staffette sono alla fine delle giornate non resta nessuno a guardare... e quando invece alla fine ci sono le serie più veloci degli individuali, non resta nessuno neppure per quelle. In sintesi: i piccoli atleti affrontano dei problemi di prestazione che non dovrebbero nemmeno sfiorare, la squadra è soloo un modo di descrivere un gruppo di individui e le gare sono delle palle pazzesche, delle torture cinesi per chi le fa e per chi le guarda. 

Manteniamo il regionale a giugno dove evento per evento stabiliamo chi nuota più forte, ma nel corso dell'anno perchè non facciamo un bel campionato?

La squadra x incontra la squadra y in numero limitato di eventi, due o tre ore al massimo di durata riscaldamento e docce compresi. Teniamo pure traccia delle singole prestazioni ma il senso della competizione è che ci sia un risultato di squadra che vada nel tabellone di un campionato. Regione su regione e categoria per categoria non vedo nulla di meglio e di più facile da organizzare per salvare la pellaccia e forse qualcosa di più.

Ovviamente, tanto per cambiare, in tutto questo, FIN non serve a un bel niente.