mercoledì 26 settembre 2012

Il ritardo anticipato

Abbiamo due possibilità teoriche: o il nuoto non si è evoluto come sport, e allora certe cose possono continuare esattamente come prima e in un modo o nell'altro la fortuna gira e tutti raccolgono qualcosa, oppure il nuoto si è evoluto e allora il mestiere di essere competitivi diventa un po' più incerto. Di che parlo? C'è un tema in giro per il mondo, non troppo allo scoperto ma nemmeno troppo nascosto, che tratta dell'età degli attuali e futuri campioni.

Lo squadrone americano si poneva il problema, prima della partenza per londra, dell'età media del team. Per la prima volta nella storia gli atleti americani  in età da college erano in minoranza mentre tra quelli ancora a scuola si contavano troppe poche matricole rispetto al passato. Si descrivevano come una squadra di vecchi con alcuni highlander. Talmente vecchi che i soliti quattro detrattori del nuoto statunitense scommettevano a viso aperto sul fatto che gli Usa avrebbero perso competitività non appena si fosse ritirato phelps.
Sappiamo com'è andata alle olimpiadi: han vinto i vecchi (americani) e hanno stravinto a sorpresa giovani e giovanissimi con prestazioni da urlo, mentre tanti altri si sono messi in luce in maniera molto poco timida. Gli stati uniti abbozzarono al doping per la piccola Ye, campionessa cinese, salvo poi ricacciarsi la lingua in gola quando Ledecky, americana, la combinò ancora più grossa (la sua prestazione era più veloce del record nazionale della staffetta 4x200 della sua categoria...), e poi meilutyte che regola soni sui cento e una Franklin talmente annunciata che quattro o cinque ori non fanno notizia. Anche noi nel nostro piccolo, e a modo nostro, abbiamo portato un giovane paltrinieri in finale, o meglio, lui ci è andato... In generale quindi età media del campione olimpico è risultata molto bassa ed è arrivato anche il botto ritardato del fuscello yamaguchi che ha riportato il primato dei 200 rana in giappone proprio pochi giorni fa.

Ho sentito recentemente che il brasile ha varato un piano olimpico per il 2020 e oltre che coinvolge gli atleti già dall'età di esordienti, sappiamo che la cina non ha problemi a considerare un bimbo alla stregua di un professionista, che l'australia ha un metodo per valutare se a 13 anni un atleta sia d'interesse nazionale oppure no, che gli stati uniti hanno un sistema di gare e di informazione che rende il nuoto infantile ultra competitivo anche se vorrebbero vendercela all'opposto, e pare che i russi abbiano scoperto che i cinesi non sono del tutto scemi...
In tutto questo fibrillare tanti paesi non staranno a guardare e con competenza o meno, poveri bimbi, spingeranno perchè si diventi "nuotatore finito" prima di essere "finito" come nuotatore.

Noi da che parte stiamo? Siamo tra quelli che avrebbero o che non avrebbero competenza per anticipare i programmi? Siamo tra quelli che non lo dicono ma lo fanno, o tra quelli che non lo fanno e basta?

Cercare di ottenere delle prestazioni di rilievo da atleti sempre più giovani ha dei vantaggi, se si capisce come fare è tutto più facile: qualità neuroattive migliori, capacità di recupero incredibili, condizione mentale da favola, socialità tutta da costruire... E' indubbio che chi arriva prima al risultato, cioè ad esprimere il suo massimo potenziale atletico, ci arriva meglio. Più tardi il corpo riesce a completare certi adattamenti e più risorse da poter dedicare allo scopo si saranno nel mentre convertite ad altro. La crescita non sta in standby finchè un allenatore ha deciso che è il momento di insegnarti a fare l'atleta, più si riesce ad aderire e condizionare lo sviluppo e migliore sarà la resa. Non è un caso che esistano delle età minime per l'iscrizione alle varie discipline olimpiche.
Il nuoto non ha ancora vissuto la sua vera stagione infantile come ad esempio la ginnastica artistica, e mai la vivrà perchè è uno sport che, sebbene individuale, si ostina ad essere allenato in squadra. Impossibile in queste condizioni avere uno sviluppo tecnico eccellente in età precoce e allora "tutti salvi". Salvi per modo di dire perchè un'abitudine poco compresa del mondo del nuoto è quella di voler sopperire alle carenze tecniche dell'atleta con lo sviluppo metabolico dall'età prepuberale in avanti. Una selezione naturale che rende a molte vasche l'eleganza delle tonnare... (e ci si crede anche allenatori per questo) cosa che da sola spiega come mai si lasci questo sport presto e spesso definitivamente.
Il nuoto è giovane non bisogna biasimarlo, certe cose van dette perchè tutti possano riflettere e migliorare: la personalizzazione della tecnica esiste in qualunque disciplina. Non esistono due persone uguali e questo vale anche se non sono nuotatori (lo direste mai?), ma ovunque prima si impara la tecnica e poi la si personalizza. Nel nuoto invece accade l'inverso, cioè che per un certo periodo di tempo, diversi anni, si nuota un po' come viene mentre arrivano dall'allenatore meno indicazioni possibili sui movimenti da effettuare in acqua. Ad un certo punto, raggiunta una certa affermazione sportiva, si inizia a tenere conto dei cosiddetti dettagli. Secondo me troppo tardi perchè non si sia già sacrificato troppo materiale umano all'altare del dio carro davanti ai buoi.

Ovviamente le cose importanti non sono fare o non fare la esse, toccare la coscia con il pollice, entrare o uscire con il mignolo e le altre leggende metropolitane,  ma tutta quella classe di fondamentali che non sarebbero ignorati così a lungo in nessuna disciplina al mondo. Mai si passerebbe sopra ad errori dello stesso livello, cose per cui gli studenti non sarebbero ammessi alle classi successive come posizione del corpo, posizione del capo, meccanica delle maggiori articolazioni (ginocchia, gomiti, polsi, spalle, caviglie, anche)... Questi dovrebbero essere una vera ossessione per atleti e allenatori fin dagli inizi. Come fai a rendere fluido un movimento che hai imparato a sedici anni? Ci credo che si continui a parlare del "talento" come di un miracolo. Nonostante tutto sia scritto, condiviso e condivisibile quanti atleti devono sfilare in una gara anche di livello nazionale perchè si veda una gambata a dorso come si deve? Eh già, ma lui è dorsista, mentre l'altro è ranista e via con i soliti contenuti di folklore. Per i calciatori la palla è rotonda e per noi l'acqua è bagnata. A ognuno il suo. Diamo tempo al tempo, non si vuole e non si deve insultare il lavoro di nessuno. Allenare è un mestiere complicatissimo e l'allenatore di nuoto è messo in una condizione non facile per svolgere il suo mestiere al meglio (come si deve essere sentito rossetto con pellegrini che gli nuota 4.14 agli europei?)

Ciò che mi chiedo è: Il nostro progetto rio 2016 parte già vecchio?

5 commenti:

  1. Che bell'articolo, complimenti, non sono daccordo su un paio di cose ma davvero bello da leggere.

    Guarda la mail, ciao F.

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    1. Mi associo. Bellissimo articolo e soprattutto pensiero in movimento.
      In Italia finché ci saranno le società gestite in questo modo tutto sarà già vecchio in partenza.

      Alcide Bava

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  2. Secondo me il "peccato originale" nasce da una considerazione: il programma tecnico delle scuole nuoto prevede che, dopo l'ambientamento, si insegni un nuoto cosiddetto "elementare". Ma non esiste una tecnica elementare ed una tecnica agonistica, esistono i 4 stili e basta, quindi secondo me non ha senso impostare movimenti semplificati (a detta di chi li propone) per poi affinarli, meglio sarebbe partire con pazienza ad impostare i movimenti corretti nella giusta successione con gli elementi tecnici già al loro posto (rollio, respirazione, subacquee) senza andare ad inseguirli e ad assemblarli successivamente. La differenza è come fra le vecchie automobili a telaio e le moderne a scocca portante per intenderci. Altro tasto dolente è l'importanza dell'ambientamento nell'apprendimento corretto della nuotata, passaggio che viene sempre più "tirato via" perchè l'immagine che si da rispetto ai genitori dei bambini è tanto migliore quanto meno li si fa "giocare" in acqua e tanto prima li si porta a fare vasche, come non è importante (tavolette a gogo, galleggianti di ogni tipo, basta che facciano avanti e indrè per 45 minuti): il vecchio "fare le bolle" non è obsoleto ma fondamentale visto che ragazzini che teoricamente secondo i loro istruttori e secondo la classificazione della loro scuola nuoto nuotano a stile libero in realtà annaspano cercando aria senza sapere come dove e quando inspirare nè come dove e quando espirare. Se parli agli istruttori di obiettivi e gli dici l'ovvio, cioè che per un nuotatore l'obiettivo principale è vincere le olimpiadi e che loro devono iniziare il percorso che porterà il nuotatore all'obiettivo, questi ti guardano come venissi da marte e gli proponessi di insegnare a camminare sulle acque...ma se gli obiettivi non sono alti, non può essere alta nemmeno la fase realizzativa, la voglia di conoscere, l'entusiasmo con cui si lavora.
    La filosofia del tirare a campare in piscina non è cosa di oggi, legata al mercato e al gioco al ribasso con le retribuzioni dei tecnici, ma problema endemico che ho visto da quando sono nell'ambiente con un tantinello di ragione tecnica (brevetto istruttore 1978...): volete un esempio? Dalle mie parti un Ente di promozione iniziò a fare corsi per istruttori proponendo un metodo alternativo a quello classico analitico federale, il cosiddetto metodo globale o metodo Salvadori in quanto portato in Italia dalla Francia da Gabriele Salvadori. Ebbene, quel metodo ebbe grandissimo successo fra un sacco di istruttori non perchè lo considerassero efficace, non perchè fosse l'unico di cui erano a conoscenza (per essere stati a loro volta allievi conoscevano anche il metodo "antico" e l'Ente per onestà intellettuale descriveva anche l'altro metodo) ma perchè prevedeva che l'istruttore NON SCENDESSE MAI IN ACQUA, cosa scomoda e fastidiosa...

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  3. E' proprio vero, fare le bolle, le capriole, andare sott'acqua, scivolare e roteare, saper battere le gambe e muovere il bacino, lavorare a secco... Il periodo di adattamento dovrebbe essere il più lungo e finalizzato possibile. Uno che ha un livello di adattamento molto alto impara uno stile in pochi giorni, uno che tenta di imparare a mantenere il corpo in asse mentre apprende uno stile ci mette anni, torna indietro o non arriva mai.
    Il Metodo globale ha devastato la didattica, non è un metodo. E' un adattamento personale della sensibilità dell'istruttore sui tentativi dell'allievo. Sono cose che non si possono trasmettere. Insegnare ad insegnare è il mestiere dei mestieri, bisogna trascendere se stessi due volte. Se un buon atleta non necessariamente sarà un buon insegnante, allo stesso modo un buon insegnante non sarà un automaticamente un efficace didatta. Quelli alla Salvadori, non discuto, saranno dei bravissimi insegnanti ma si trasformano in supercazzolari incomprensibili non appena cercano di trasmettere a un altro insegnante quello che a loro riesce bene, facile e scontato. Non riescono a compiere il secondo step di astrazione sulle conoscenze, non capiscono che la loro esperienza non è una prova scientifica nè tantomeno può diventare un metodo. Le dispense della FIN, infatti, sono spesso di una comicità tale che non si capisce nemmeno se parlino di nuoto... Il nuoto è difficile ma non complesso ma loro tentano di descriverlo al contrario: facile ma complicatissimo, e si danno una patente apposita secondo la quale nessuno ci capisce più loro. Nessuno incasina le acque quanto loro, dico io.
    Un'altro totem della modernità del nuoto italiano è la cosiddetta multilateralità che ben si sposa con il putiferio sollevato dal globalismo. Se la base del metodo globale prevede che l'allievo possa tentare di inquadrare un movimento completo in barba ai pre-requisiti, la multilateralità impone che si vari in continuo, il più possibile, il tipo di stimolo e di gesto durante l'allenamento. Due mode che sommate non portano a nessun risultato apprezzabile. La multilateralità come metodo diventa inutile eclettismo che si aggiunge al caos volontario del metodo globale.
    Un metodo di insegnamento, se vogliamo chiamarlo metodo e non esperienza personale, può essere soltanto lineare: cioè una ragionevole concatenazione di pre-requisiti, i quali possono essere a loro volta, a seconda del livello, più o meno complessi e composti. Altre idee non sono nè descrivibili nè trasmissibili e la qualità del metodo è data dalla scelta e dal rapporto dei requisiti... e ce n'è d'avanzo.
    La multilateralità che viene pseudo-scientificamente sostentuta con le implicazioni legate allo sviluppo neuromuscolare (e che nemmeno ci prendiamo il disturbo di controbattere perchè possiamo anche accettarla per buona) si induce proponenendo una varietà di gesti che non deve perdere di vista l'obiettivo del periodo, e si perfeziona obbligando l'atleta alla pratica di altri sport diversi dal nuoto... cosa che invece le squadre vietano o sconsigliano.
    Alla base di tutto, comunque, c'è quello che hai già detto: o ci si allena fin dal principio per andare alle olimpiadi o le basi saranno pessime.

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  4. Ragioni anagrafiche e personali (sono fuori dall'ambiente da anni) mi portano a ritenere di essere all'antica, ma la mia passata esperienza da istruttore (e successivamente da cooordinatore di scuole nuoto, direttore di impianti anche grandi e complessi, gestore in proprio) mi ha mostrato che non c'è niente di meglio del metodo analitico con i movimenti inseriti gradualmente. In tutto questo ho visto tale e cotanto scempio della tecnica da farmi rabbrividire, il tutto sia a livello pratico sul campo che a livello istituzionale, ti basti pensare che nell'ultima dispensa FIN che mi sia capitato di guardare, relativa ad un corso di Istruttore di secondo (!) livello, il docente metteva fra gli esercizi propedeutici al delfino LE SOLE GAMBE A DELFINO CON LA TAVOLETTA. Ora, una delle cose più difficili da far "sentire" ad un allievo è proprio l'ondulazione del delfino che avverti solo e solamente lasciando libere le spalle di muoversi sul piano verticale...ma se tu le spalle le blocchi volutamente non otterrai altro che un'istintiva spinta a piegare le ginocchia, non un'istintiva spinta all'ondulazione...
    Mi dissero poi che quel docente era nel mondo del nuoto da pochi anni e aveva bruciato le tappe in quanto a brevetti (tutti rigorosamente teorici, of course) per scomparire nel nulla dopo altrettanto pochi anni.
    Seppur fuori dall'ambiente da molto io sono ancora qui a parlarne, segno questo che il nuoto ce l'ho dentro, non ci sono passato attraverso come alcuni che hanno fatto carriera usando la lingua più di ogni altra cosa (e non per parlare...)

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Chiunque può scrivere qualunque cosa, meglio di così?